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giovedì 23 febbraio 2012

Cavalli che curano


Cavalli che curano


Paul Gauguin. Il cavallo bianco - 1898

“Ah quella piccola emozione che si rinnova
quando mi avvicino a un cavallo e
si incrociano i nostri sguardi!
Lui sospira, io accarezzo il velluto delle sue narici
E il cuore batte”.

B.Mols

 


Il cavallo nella nostra cultura possiede una forte carica simbolica: è un animale affascinante, forte e libero, nell’immaginario collettivo esprime la rappresentazione stessa dell’energia vitale e istintuale.

Dal punto di vista psicanalitico, Jung ne rileva il principio femminile materno rappresentato nella mitologia greca dalle divinità della creazione, della fecondità e dell'abbondanza, a cui il cavallo è legato, ma pure l’ aspetto simbolico maschile della forza fisica, per il quale il cavallo è rappresentante primario dello slancio biologico e naturale che attiene la sfera istintiva ed inconscia, non sprovvisto di una certa aggressività.

Si può capire, quindi, come nell’attività equestre intervengano sempre elementi proiettivi, identificatori anche liberatori, difficilmente esprimibili in altri contesti.

La terapia con il cavallo riproduce un’esperienza precoce della vita del soggetto, il rapporto contenitivo madre – bambino, riproponendo un ambiente materno accogliente e “sufficientemente buono” (Winnicott); in questa condizione di simbiosi, in virtù del passo regolare e costante dell’animale che determina il tipico dondolamento e cullamento, vediamo il soggetto passare da una situazione di chiusura, ripiegato su se stesso in un desiderio di sicurezza e protezione dalle aggressioni esterne, ad una vera e propria apertura.

L’effetto terapeutico della riabilitazione equestre si basa sul particolare rapporto che si instaura tra il soggetto ed il cavallo, fondato su un linguaggio prettamente motorio, ricco di sensazioni piacevoli e rassicuranti, estremamente coinvolgenti sotto il profilo emotivo. Fino dalle fasi iniziali, a terra, la conoscenza dell’animale e del suo ambiente, la sua cura, contribuiscono ad instaurare senso di fiducia e di sicurezza, che troveranno ancora maggiore stimolazione nella fase successiva del montare a cavallo. L’assetto specifico del montare a cavallo rappresenta una vera e propria correzione globale della postura e in special modo il movimento ritmato ed oscillatorio tipico del cavallo determina sul paziente una molteplicità di stimoli sensoriali e sensitivi, che interessano il bacino, con stimolazione dei sistemi di equilibrio e dei meccanismi di raddrizzamento e di coordinazione. Nel progredire del percorso riabilitativo, ove questo sia possibile, aumenta la capacità di progettare ed organizzare il movimento (conoscenza spazio-tempo), il controllo della propria emotività, il sentimento di fiducia e di autostima, l’inserimento sociale.

In campo psichiatrico, la Terapia con il cavallo trova una sua applicazione in quelle psicopatologie che comportano disturbi in varie aree quali: funzioni senso-motorie, capacità comunicative, contenimento degli impulsi, sviluppo emotivo e adattamento sociale. In particolare può essere applicata nei disturbi psicotici e schizofrenici, nei disturbi dello spettro autistico, nel ritardo mentale, nei disturbi dell’alimentazione e nella depressione.

“Nella patologia psicotica le emozioni fondamentali, le sensazioni di panico, sono congelate nelle facce, nei corpi, nei movimenti dei pazienti, così come è congelato il loro assetto psichico: immagini, idee, fantasie. Lavorare alle possibilità di trasformazione di vissuti corporei permette il passaggio da un corpo, sentito come estraneo, potenzialmente ostile, pieno di sensazioni e di oggetti negativi e pericolosi, a un corpo sperimentato come amico, ma soprattutto come proprio, nell’ottica simbolica di un cammino terapeutico dall’isolamento a una progressiva relazionalità.” (Frascarelli M., Citterio D.N. 2001).

Dott.ssa Elena Martinalli


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