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mercoledì 31 ottobre 2012

SESSUALITA’: QUANDO AL PIACERE SI SOSTITUISCE IL DOLORE


Partiamo da una semplice domanda: sapete che differenza c’è tra vaginismo e dispaurenia?
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
La DISPAURENIA è una condizione di dolore genitale associata al rapporto sessuale: si presenta spesso durante il coito, ma può anche essere presente prima o dopo. Il disturbo non è esclusivamente femminile, anche gli uomini possono soffrirne.
Nelle donne il dolore è detto “superficiale” se si presenta durante la penetrazione e “profondo” se si verifica durante le spinte del pene.
L’intensità dei sintomi può variare molto, causa notevole disagio e difficoltà interpersonali e, per essere diagnosticata non deve essere causata esclusivamente da una condizione medica generale o dagli effetti di farmaci o sostanze di abuso, inoltre non può essere diagnosticata se dovuta ad una scarsa lubrificazione o dalla presenza di Vaginismo, altra condizione associata a dolore sessuale (tipicamente femminile), che ora cercheremo di descrivere.
Il VAGINISMO è tipicamente caratterizzato da una ricorrente o persistente contrazione involontaria dei muscoli perineali che circondano il terzo esterno della vagina quando si tenta ka penetrazione vaginale con il pene, dita, tamponi o speculum. La sintomatologia può variare da forme lievi che creano disagio e tensione, a forme più severe che impediscono la penetrazione.
Anche in questo caso l’effetto è una notevole difficoltà interpersonale e, come per la dispaurenia, per effettuare una diagnosi è importante che si possa escludere che i sintomi siano dovuti all’uso e/o abuso di sostanze o farmaci e che non ci sia una condizione medica.
Nel vaginismo può essere mantenuto il desiderio, il piacere, la capacità di raggiungere l’orgasmo se la penetrazione non viene tentata.
Entrambi i disturbi possono essere “generalizzati”, ossia presentarsi sempre, oppure “situazionali” se si presentano solo in alcune circostanze; possono essere presenti da sempre oppure sopraggiungere dopo un periodo di normale funzionamento sessuale.
Ricordiamo che per queste forme di disagio sessuale vale la regola che è stata data anche trattando nei precedenti articoli altre forme di disfunzioni sessuali e cioè che è importante rivolgersi ad uno specialista medico al fine di escludere l’esistenza di cause organiche alla base del sintomo, l’esperto in sessuologia potrà offrire il suo aiuto una volta escluse o accertate delle cause mediche cercando di aumentare il benessere della persona e della coppia strutturando un intervento mirato a seconda delle circostanze.
In successivi contributi esploreremo più dettagliatamente ciascuna di queste disfunzioni sessuali dedicando particolare attenzione alle sfumature di carattere psicologico-relazionale che possono essere associate.

Dott.ssa Marzia Montinaro


BIBLIOGRAFIA
- “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali–DSM IV-TR”, Masson (2000).



giovedì 25 ottobre 2012


La separazione e i bisogni dei bambini

Dai dati Istat, si nota come in Italia il numero dei matrimoni interrotti sia progressivamente cresciuto negli anni. La separazione o il divorzio fa male ai genitori, ma sono soprattutto i bambini a soffrirne di più. Essi entrano in gioco direttamente (si alleano con un genitore contrastando l’altro, si sostituiscono nelle decisioni, si intromettono tra i due, si prestano ad essere utilizzati dai genitori) o indirettamente (i genitori usano i figli come merce di scambio, la loro gestione alimenta la rivalsa e la vendetta, i comportamenti dei bambini vengono usati in modo strumentale verso l’altro).

Diritti e bisogni dei bambini
Il bambino ha il diritto di avere due genitori che lo amano e lo comprendono, si deve sentire protetto e tutelato, deve poter avere dei punti di riferimento stabili, devono essere educati, guidati e contenuti.
Il bambino ha bisogno di essere “pensato” e non “usato”, ascoltato, accolto, amato e stimato, quindi riconosciuto, ha bisogno che vengano rispettate le sue esigenze di gioco, affetto, interazione, esplorazione,…
I bambini di diverse età hanno bisogni differenti; anche l’impatto che ha la separazione e i rischi che ne derivano sono diversi:
0-2/3 anni: fin da subito il bambino sviluppa un attaccamento con la figura primaria, che potrebbe venirgli a mancare a seguito della separazione: ciò porterebbe alla perdita di contatto con questa, con una conseguente regressione. Inoltre sviluppa fiducia nel contesto ambientale: la perdita dell’ambiente familiare (presenze, routine, voci) potrebbe generare fobie e paure su luoghi e cose.
2/3-5 anni: il bambino ha consapevolezza della propria individualità, interiorizza le figure primarie e si identifica con l’adulto; dopo la separazione potrebbe sentirsi responsabile di questa, mostrando fantasie di riunificazione. I rischi sono di regredire, di perdere il genitore dello stesso sesso come modello di identificazione e provare sentimenti di abbandono, quali tristezza, depressione e scarsa autostima.
6-11 anni: in età scolare il bambino si relaziona con i coetanei e la comunità, sviluppa il senso morale, è maggiormente in grado di controllare le emozioni, ha sempre maggiore consapevolezza di sé ed è in grado di valutare le proprie capacità in rapporto agli altri. A seguito della separazione può esprimere il dolore attraverso la rabbia, può mostrare paure legate al cibo e alla casa, al poter perdere i genitori, può considerarsi la causa della separazione e tentare di riunire la famiglia, può vergognarsi di fronte alla comunità. I rischi sono quelli di un crollo del rendimento scolastico, di possibili stati depressivi, di ansia, di alleanza con un genitore a scapito dell’altro, di solitudine, depressione e scarsa autostima.
12/13-18 anni: il ragazzo acquisisce un’identità sempre più strutturata che lo porta ad essere indipendente e si confronta con le regole della società. Dopo la separazione l’emancipazione può risultare precoce o incompleta, il ragazzo può sentirsi imbarazzato per la propria famiglia, svalutare uno o entrambi i genitori e avere nuove priorità, come amici e impegni prima dell’altro genitore. Il rischio è di un acting-out (ricerca del senso di appartenenza), di un’adolescenza ritardata, con il desiderio di restare bambino, dubbi sulle proprie capacità e relazioni personali “esagerate”.

(da “Dire il divorzio”, Anna Oliverio Ferraris, Psicologia Contemporanea, n.167, 2001)

Le reazioni dei bambini
Le reazioni che i bambini hanno a seguito della separazione dei genitori sono diverse, a seconda dell’età evolutiva e dell’importanza data all’evento: possono piangere, protestare o “fare i matti” (reazione aggressiva), negare la realtà, rifiutarla o proiettarla all’esterno (attivazione delle difese personali per sopravvivere al dolore), essere apatici, indifferenti e comportarsi come se non avessero capito (reazione depressiva). Possono anche manifestare sintomi fisici come mal di testa, mal di stomaco, scoppi di pianto o tristezza improvvisa.

Come aiutarli
E’ importante dare messaggi chiari, trasmettere al bambino le informazioni in modo aperto e sincero, su quello che è successo, che sta succedendo e che succederà, adattare il linguaggio all’età del bambino, rispettare i suoi tempi, accettarne e rispettarne le emozioni e le reazioni. I GENITORI SONO LE PERSONE PIU’ INDICATE PER INFORMARE E PREPARARE IL BAMBINO: SONO LORO GLI ESPERTI.

Dott.ssa Marianna Ge



giovedì 4 ottobre 2012

IMPARIAMO A RILASSARCI!



Ascolto e…accetto
Tutti noi siamo nati dall’unione di un uomo e di una donna che si sono incontrati ognuno con la sua storia. E da li, proprio da quella unione, nasce la nostra valigia ereditaria. In ogni momento e in ogni luogo questa valigia ci accompagna. All’inizio è leggera, ma poi piano piano si appesantisce sempre più perché si riempie di tutto quello che incontriamo nel mondo intorno a noi.
Se pensiamo che già il feto possiede un repertorio di comportamenti quale il succhiare il pollice, scalciare, singhiozzare…ci rendiamo conto che fin da subito ognuno di noi è in interazione con il proprio ambiente.
Appena nati poi, fin dal primo respiro, il nostro cervello è colpito da una serie di stimoli tattili, visivi, acustici che gli permettono di capire come è fatta la realtà circostante. Con lo sviluppo motorio il bambino diventa infine il “padrone” del suo mondo perché finalmente può agire e interagire e col tempo lo farà in modo sempre più autonomo!
Ed ecco che la valigia di partenza si fa sempre più pesante e complessa perché porta con sé sia elementi biologici ereditati, sia fattori ambientali acquisiti nel tempo.
E’ presente, quindi, una “intrinseca dialettica” tra individuo e ambiente.
E se dovessimo pensare al nostro attuale ambiente cosa diremmo?
Per la maggior parte delle persone si tratta di un mondo frenetico, che mette continuamente a dura prova, che fa puntare alla performance, che chiede e pretende da noi sempre il massimo.
Non sempre la nostra valigia risulta adeguata per le richieste socio-ambientali e così, molte volte, il nostro benessere ne risente perché iniziamo a sentire quello stato di ansia, di panico o di stress che ci accompagna costantemente.
Quando un sintomo appare, ci sta parlando. Ci sta dicendo qualcosa che a parole non riusciamo proprio a pronunciare, ci indica in qualche modo una sofferenza di cui non vogliamo parlare, ma che c’è.
Una tecnica utile per affrontare la frenesia attuale dell’ambiente è stata inventata nel ‘900 da Schultz: il “Training Autogeno”.
Il Training Autogeno è un modo per staccare la spina dal mondo, quando questo ci fa delle richieste eccessive. Si tratta di una tecnica di rilassamento che prevede una serie di esercizi che non devono essere eseguiti…ma pensati!
G. Eberlein, allieva del Dott. Schultz ha scritto rispetto al Training autogeno: “Esso è come un'isola deserta in cui ciascuno di noi può rifugiarsi durante la giornata. Rifugio che serve non tanto per sfuggire alla realtà quotidiana, ma per trovare una zona di recupero delle proprie energie, un momento in cui possano venir richiamate tutte le forze disponibili, per essere in grado di meglio affrontare la realtà stessa, quando questa ci procura ansia, e uscirne quindi rafforzati e organizzati.”
Attraverso questo rilassamento riusciamo a liberarci da pensieri negativi, pressioni dell’ambiente e permettiamo al nostro corpo di riequilibrarsi sia a livello somatico che psicologico.
Sono due i pensieri sui quali si basa questo metodo: “Ascolto” e “Accetto”.
“Ascolto” significa accettare tutto quello che accade durante gli esercizi. È un ascoltare tutto quello che avviene sia a livello fisico che a livello mentale cercando di allontanare tutte le pressioni esterne, le preoccupazioni che non ci fanno vivere il presente. Allontanare tutto questo, però, non significa cancellare…ma accettare.
“Accetto” significa infatti  considerare e lasciar scivolare via come se fossimo sotto un cielo piovoso e l’acqua fa scivolare tutto ciò che arreca malessere.
Ascolto perché altrimenti è come se scappassi, ma in quel momento sospendo il giudizio verso me stesso come se fossi un osservatore passivo. Ascolto, accetto e poi lascio andare.
All’inizio l’ambiente favorevole per il Training Autogeno è un luogo calmo e capace di distendere, un luogo sicuro per noi in cui ci sentiamo liberi di lasciarci andare e possibilmente senza rumori eccessivi che ci possono disturbare. Il rilassamento è spesso aiutato da immagini naturali che ci trasmettono serenità e tranquillità.
Nel tempo molti psicoterapeuti esperti hanno proposto delle varianti alle immagini originariamente pensate da Schultz introducendo visualizzazioni come paesaggi di mare, il rumore e il movimento delle onde, la pioggia che cade sul proprio corpo, il sole che riscalda e la brezza che rinfresca.
Ed ecco che ritorna il potere dell’ambiente, come luogo di trasmissione, di apprendimento, di ansie…ma anche di benessere.
Dott.ssa Laura Prada