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martedì 25 novembre 2014

25 NOVEMBRE. GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Donne al quadrato

Ci sono le donne….

e poi ci sono le donne donne

E quelle non devi provare a capirle,

sarebbe una battaglia persa in partenza.

Le devi prendere e basta.

Devi prenderle e baciarle,

e non dare loro il tempo di pensare.

Devi spezzare via,

con un abbraccio che toglie il fiato,

quelle paure che ti sapranno confidare

una volta soltanto,

a bassa bassissima voce.

Perché si vergognano delle proprie debolezze e,

dopo avertele raccontate, si tormenteranno

– in un agonia lenta e silenziosa-

al pensiero che scoprendo il fianco e mostrandosi umane

e facili e bisognose per un piccolo fottutissimo attimo,

vedranno le tue spalle voltarsi ed i tuoi passi allontanarsi.

Perciò prendile e amale.

Amale vestite, e senza trucco

che a spogliarsi sono brave tutte.

Amale indifese e senza trucco,

perché non sai quanto gli occhi

di una donna possono trovare scudo

dietro un velo di mascara.

Amale addormentate, un po’ ammaccate

quando il sonno le stropiccia.

Amale sapendo che non ne hanno bisogno,

sanno bastare a se stesse.

Ma appunto per questo,

sapranno amare te come

nessuna prima di loro.

(Antonia Storace)


In occasione della  giornata internazionale contro la violenza sulle donne, condivido con voi questa poesia che ho ricevuto, dono di una donna forte e sensibile.

M.V.

martedì 18 novembre 2014

Un territorio che si attiva per i suoi ragazzi


Una collaborazione sul territorio Monzese tra agenzie e il Tavolo Medie dei territori di Regina Pacis e santi Giacomo e Donato di cui faccio parte.


























 dott.ssa Laura Tresoldi

martedì 11 novembre 2014

Adolescenza e Adozione: una serata per conoscere meglio le difficoltà delle famiglie e dei ragazzi.


GENITORI SI DIVENTA: 
L’associazione Genitori si diventa - onlus nasce a livello nazionale nel 1999 quando alcune famiglie adottive hanno sentito la necessità di dare vita ad una associazione di volontariato che si poneva l’obiettivo di effettuare interventi a favore delle coppie che intendevano diventare genitori adottivi o che, avendo già dei figli, vivevano l’esigenza di approfondire i temi dell’essere genitori.

mercoledì 29 ottobre 2014

INIZIATIVA in occasione della "Giornata internazionale per l'eliminazione delle violenze sulle donne"

Iniziativa in occasione del 25 novembre
Giornata internazionale per l’eliminazione delle violenze sulle donne” promossa dall'Associazione di volontariato contro la violenza sulle donne "Filo di Arianna" e patrocinata dal Comune di Rozzano
INVITO
LA VIOLENZA NON HA ETA'

Domenica 23 novembre 2014 – ore 16,30 presso la sala conferenze Centro culturale Cascina Grande di Rozzano
Programma
ore 16,30 Apertura e presentazione del pomeriggio
saluti del Sindaco Barbara Agogliati e dell'assessore alle pari opportunità, Fiorella Imprenti
ore 17,00 Intervento "La violenza non ha età" a cura della dott.ssa Moira Melis, Psicologa Sistemico-Relazionale
- visione dello spezzone tratto dal film "La verità è che non gli piaci abbastanza"
- analisi della foto con focus sui danni psicologici osservabili nei bambini vittime di violenza e conseguenti deficit nella costruzione delle relazioni sentimentali in età adulta
- introduzione al libro autobiografico di Asa Grennvall "7° Piano" e visione della graphic novel
- proiezione delle illustrazioni più esemplificative del libro "7° Piano" in cui si mettono a fuoco le diverse fasi della storia sentimentale dell'autrice con il partner che si rivelerà violento
- proiezione del cortometraggio "Piccole cose di valore non quantificabile" di Genovese e Miniero
ore 19,00 Conclusioni e rinfresco
E’ un dramma trasversale quello della violenza, ne sono vittime i bambini così come gli adulti, senza distinzione di età.  Spesso la violenza viene interpretata in maniera distorta come forma di amore, o modalità attraverso cui esprimere un interesse preferenziale per l’altro. Si può essere indotti da piccoli a credere erroneamente che amore e violenza siano due facce della stessa medaglia. Mostreremo che così non è, amore e violenza non sono infatti sovrapponibili, sono antagonisti. In amore non è contemplata alcuna forma di violenza! C’è violenza solo laddove non c’è amore: occorre prenderne consapevolezza, abbattere il muro del silenzio e chiedere aiuto senza timore o vergogna o sensi di colpa. Sia la protagonista del cortometraggio “Piccole cose di valore non quantificabile”, che Asa Grennvall, autrice quest’ultima del libro autobiografico “7° piano” hanno entrambe compiuto una scelta coraggiosa…...
Dott.ssa Moira Melis
 
 
 
 
 

 

lunedì 15 settembre 2014

LA VIOLENZA PSICOLOGICA

"Non aiutate l'aggressore a rimanere invisibile" lui trae vantaggio dal vostro silenzio per sfuggire alle proprie responsabilità. Non permettete che vi agisca altra violenza. Rivolgetevi ai centri antiviolenza.

Dott.ssa Moira Melis 

lunedì 8 settembre 2014

Selfie e FotoTerapia


Selfietermine derivato dalla lingua inglese, forma di AUTORITRATTO fotografico realizzata principalmente attraverso uno smartphone, un tablet o una fotocamera digitale, puntando verso se stessi e scattando.
Lo sviluppo delle tecnologie ha portato poi dal vecchio autoscatto fatto tenendo la fotocamera in mano davanti al viso, ai programmi per specchiarsi nello smartphone, in loro assenza viene ritratto il proprio viso negli specchi, nelle vetrine, in qualunque superficie riflettente.


L’utilizzo dei selfie è strettamente legato ai social network ( facebook, instagram, twitter,…) e al ricevere un “like”, quindi approvazione e gradimento, quando viene condiviso sul social il momento della  giornata che è stato ritratto: il viso al risveglio, il contenuto di un pranzo o una cena, l'attività sportiva praticata, dove ci si trova e con chi, …
C’è chi parla di sindrome da selfie, di narcisismo (vedi  “la sindrome da selfie, come internet ci rende narcisisti” dal sito BestComputerScienceSchools) , di depressione, schizofrenia e chi semplicemente dice che renda dei guardoni.  

Ma ci sono altri utilizzi possibili: le tecniche foto terapeutiche dell’autoritratto.
Il termine  AUTORITRATTO include qualunque rappresentazione fotografica che abbia a che fare con la percezione che un individuo ha di se stesso, sia essa reale o metaforica. La creazione di un autoritratto non è condizionata da nessun altro che non sia il soggetto.
Gli AUTORITRATTI  sono fotografie che ritraggono noi, i nostri corpi o qualsiasi altra cosa riteniamo ci rappresenti. Poiché sono fotografie del soggetto, fatte dal soggetto stesso, gli AUTORITRATTI hanno la capacità di essere mezzi potenti e incontestabili di auto-confronto.
Quando le persone posano per delle foto, anche per quelle che si scattano da sole, di solito hanno le idee chiare su come vogliono apparire nell’immagine finale, e queste idee rappresentano il modo in cui sperano di apparire agli altri nella vita reale.
L’utilizzo dell’autoritratto nella fototerapia può offrire una visione del sé “da fuori”, come se appartenesse ad un'altra persona. Questo permette di confrontare l’immagine esteriore con l’immagine interiore spesso idealizzata. Una discrepanza tra le due può generare conflitti inconsci e tensioni interiori.
La teoria dell’autoconsapevolezza oggettiva enfatizza il valore terapeutico del vedere sé stessi dal punto di vista di un’altra persona, possibilità che l’utilizzo dell’autoritratto permette ad ogni soggetto.

Tra i benefici della terapia dell’autoritratto sicuramente troviamo:  la possibilità di confronti emozionali diretti; l’identificazione delle diverse parti di sé; l’utilizzo del non-verbale ( spesso una barriera per chi ha alte difese).

Un piccolo assaggio di una tra le tecniche di foto terapia presentate da Judy Weiser nel suo libro
 " Foto Terapia. Tecniche e strumenti per la clinica e gli interventi sul campo". Franco Angeli, 2013.


dott.ssa Laura Tresoldi


martedì 26 agosto 2014

Le TRAUMATICHE avventure del figlio di Freud


Dal sito "state of mind" una simpatica vignetta sui metodi educativi di Freud verso il ... povero figlio!



domenica 29 giugno 2014

Elogio alla follia - Geri's Game



La fantasia è una difesa che protegge dall'orrore della realtà creando un mondo interiore e caldo quando il mondo esteriore è glaciale e doloroso. Quando la finzione riesce ad agire sui fatti, la realtà ne esce poetizzata. Ma quando l'allontanamento dalla realtà è eccessivo, la fantasia può diventare delirio logico o mitomania.
B. Cyrulnik

Geri è un simpatico vecchietto che ama giocare a scacchi, pur da solo. Contrasta il penoso senso di solitudine che vive, facendo ricorso alle risorse interiori di cui dispone: vitalità, creatività e senso dell'umorismo.  Vince la sua sfida con la solitudine almeno nel momento in cui si dedica, con passione, al gioco col suo alter ego. E' uno spazio immaginario e salvifico quello che Geri offre a sé stesso per staccare temporaneamente la spina da una realtà forse monotona, forse drammaticamente vuota,  triste e solitaria. Questa parentesi dalla realtà, diventa un luogo altro in cui liberare tutta la vitalità e l'entusiasmo per i piaceri della vita che sente esplodergli nel petto e ai quali non intende rinunciare. Elabora un modo positivo e creativo di gestire il tempo e investire le sue energie. Vogliamo chiamare follia il tentativo di difendersi dalla solitudine, concedendosi una bizzarra partita a scacchi prima di  riprendere contatto con una presumibile desolata realtà?  La celebre frase di Steve Jobs: "siate affamati, siate folli", in fondo è un'esortazione a non arrendersi  di fronte alle sofferenze che la vita riserva: finché c'è vita, questa va vissuta sapendo giocare tutte le pedine che si hanno a disposizione, come Geri ci insegna.  
...Io preferisco chiamarla resilienza, la capacità di saper reagire con vigore alle sofferenze, sfidando le proprie possibilità di renderle quantomeno sopportabili.  
Buona visione!    
Dott.ssa Moira Melis  

martedì 13 maggio 2014

COME COMPORTARSI IN CASO DI STALKING?


Stalking o sindrome del molestatore

1) Cosa devo fare se il mio ex marito/moglie, compagno/a, fidanzato/a si ostina a farmi telefonate assillanti, a pedinarmi e a molestarmi per ricominciare la relazione?
Se un vostro ex cerca con i suoi comportamenti assillanti di riprendere una relazione, da voi non più desiderata, nonostante abbiate manifestato con decisione la volontà di interromperla e tali comportamenti quali ad esempio telefonale, sms, pedinamenti, minacce, percosse, lesioni, etc. vengono ripetuti, ovvero durano nel tempo nonostante la volontà da parte vostra di interrompere la relazione, e cagionano in voi uno stato di ansia o di paura tali da ingenerare un fondato timore per la vostra incolumità o per quella di un vostro caro, o comunque vi costringono a cambiare le vostre abitudini di vita, è ravvisabile il reato di atti persecutori di cui voi siete vittima. A questo punto avete la facoltà di recarvi presso un Comando Arma dei Carabinieri o Ufficio di Polizia, al fine di presentare querela o richiedere l'ammonimento del soggetto autore di tali comportamenti persecutori.
2) Quali sono i comportamenti che costituiscono condotte persecutorie?
I comportamenti persecutori sono definiti come "un insieme di condotte oppressive, sotto forma di minacce, molestie, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore".
Quindi, non sono tanto le singole condotte ad essere considerate persecutorie, ma piuttosto è la modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima, che riassume in sé il principale significato delle condotte persecutorie.
3) Il reato di atti persecutori può essere commesso soltanto da chi ha intrattenuto una relazione sentimentale/affettiva con la vittima?
Assolutamente no. Il reato può essere commesso da chiunque (uomo o donna) ponga in essere una condotta persecutoria nei confronti di un qualunque soggetto per motivi diversi.
4) Cosa prevede il reato di atti persecutori di cui tratta il nuovo articolo 612 bis del Codice Penale?
L'articolo 612 bis del Codice Penale "atti persecutori" prevede che:
"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentala fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio del 1992, n. 104, ovvero con armi, o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.
Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 1 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio
".
5) Cosa vuol dire che il reato è punito a querela della persona offesa?
Vuol dire che la persona che subisce la condotta di "atti persecutori" ha facoltà di presentare querela, con cui esprime la volontà di voler perseguire e punire penalmente l'autore del comportamento persecutorio.
6) Che cos'è la querela?
E' lo strumento di legge con cui si può richiedere la punizione del colpevole di un reato verso il quale non deve procedere direttamente l'Autorità Giudiziaria.
7) Entro quanto tempo dopo aver subito atti persecutori posso presentare la querela e chiedere la punizione del colpevole?
Sei mesi.
8) Una volta presentata all'Autorità Giudiziaria, posso ritirare la querela?
Sì è possibile ritirare la querela se la persona querelata accetta. La querela può essere ritirata fino a che non inizi il processo.
9) Cosa si intende per procedibilità d'ufficio?
Le forze di polizia che vengono a conoscenza di un reato denunciato che prevede la procedibilità d'ufficio, iniziano le indagini autonomamente e procedono nei confronti del colpevole anche in assenza di querela.
10) Mia figlia minorenne subisce atti persecutori, come mi devo comportare?
Se il proprio figlio minore è vittima di atti persecutori, è nella facoltà del genitore denunciare i fatti alle Forze di Polizia.
11) Ci sono altri modi con i quali le vittime possono richiedere l'intervento delle Forze di Polizia in assenza di querela?
Sì, facendo richiesta di ammonimento nei confronti dell'autore dei comportamenti persecutori. Infatti l'articolo 8 del Decreto Legge 23 febbraio 2009 e successive modifiche prevede che la persona che si ritiene vittima di atti persecutori, e che non ha ancora presentato formale querela, possa avanzare la richiesta di ammonimento nei confronti del molestatore.

12) Cos'è l'ammonimento?
L'ammonimento è un provvedimento amministrativo (e non penale) di competenza del Questore che su richiesta della persona che ritiene di essere vittima di comportamenti persecutori, dopo aver valutato i fatti e se ritiene motivata la richiesta anche sulla base delle informazioni raccolte dagli organi investigativi, ammonisce il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento invitandolo ad interrompere il comportamento persecutorio nei confronti della vittima.
13) Come si fa a richiedere l'ammonimento?
La vittima che intende presentare proposta di ammonimento rappresenta i fatti presso il più vicino Comando Arma/Ufficio di Polizia e chiede, tramite questi ultimi, al Questore, l'ammonimento dell'individuo che la stessa indica come autore dei comportamenti persecutori.
14) Cosa accade al soggetto che, ammonito dal Questore, continua il suo comportamento persecutorio?
Se l'autore dei comportamenti persecutori, nonostante l'ammonimento, continua la sua azione e la vittima lo riferisce alle Autorità competenti, questi verrà perseguito penalmente senza la necessità che la vittima presenti querela.
15) Sono previste ulteriori misure a tutela della vittima di atti persecutori quando l'autore del reato non viene arrestato e continua a porre in essere la condotta?
Sì. E' prevista la custodia cautelare in carcere che è una delle misure che il Giudice può disporre nei confronti dell'autore di un reato grave. Inoltre, il Decreto Legge 23 febbraio 2009 e successive modifiche ha introdotto l'articolo 282-ter del Codice di Procedura Penale con il quale il Giudice può disporre il provvedimento del "divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa". Tale provvedimento prevede che il giudice ordini all'autore di non avvicinarsi a luoghi determinati, abitualmente frequentati dalla vittima. Si evidenzia, altresì, che qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può ordinare all'autore di non avvicinarsi a luoghi determinati, abitualmente frequentati dai parenti della vittima, dai conviventi o comunque da persone legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone, il giudice può, inoltre, vietare all'autore di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le dette persone o quando la frequentazione dei luoghi con queste sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice ne ordina le modalità e può imporre limitazioni.
16) La persona offesa viene messa a conoscenza delle eventuali limitazioni imposte dal giudice all'autore del reato?
Con la stessa legge 38/2009 è stato introdotto anche l'art. 282-quater del codice di procedura penale che prevede l'obbligo da parte dell'Autorità Giudiziaria di comunicare i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 282-ter del codice di procedura penale (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni ed inoltre di darne comunicazione alla stessa parte offesa e ai servizi socio-assistenziali del territorio.
17) Se ho subito percosse o lesioni, prima di presentare querela, devo ricorrere necessariamente alle cure mediche?

Se avete subito un comportamento persecutorio dal quale sono state provocate delle lesioni o percosse, è sempre consigliabile prima di presentarsi presso l'Autorità, recarsi presso un Pronto Soccorso o altra struttura sanitaria per essere sottoposti alle cure necessarie. Nell'occasione i medici intervenuti compileranno un certificato (referto) che attesta il motivo dell'intervento sanitario e le condizioni di salute riscontrate. In alcune circostanze il medico, che ha compilato il referto, può darne diretta comunicazione all'Autorità Giudiziaria.
18) Quali sono gli aspetti utili da evidenziare in una querelaa per atti persecutori al fine di rendere più semplice l'operato delle Forze di Polizia ?
Occorre esporre alle Forze di Polizia i fatti sempre nella maniera più chiara e particolareggiata possibile cercando di ricordare con esattezza la successione degli eventi, avendo cura, in caso di molestie telefoniche, di registrare le chiamate (anche quelle mute). Anche nel caso in cui non riusciate a registrare le telefonate, esistono comunque dei metodi per risalire all'autore delle telefonate. Inoltre è consigliabile tenere un diario per riportare e poter ricordare gli eventi più importanti che potrebbero risultare utili in caso di denuncia, ovvero raccogliere più dati possibili sui fastidi subiti, come ad esempio, conservare eventuali lettere o e-mail a contenuto offensivo o intimidatorio.
19) Se ricevo molestie telefoniche assillanti anche solo per mezzo di telefonate anonime come mi devo comportare?
Pur rimanendo in vigore il reato di molestie telefoniche, solo qualora queste diventassero assillanti, si potrebbe configurare il reato di atti persecutori. In entrambi i casi è necessario che la vittima delle telefonate ricevute sia su telefono fisso che su telefono cellulare annoti il giorno e l'ora delle telefonate e comunque non cancelli i dati dalla memoria degli apparecchi telefonici. Stesso consiglio vale per SMS ed MMS ricevuti. E' opportuno poi riferire tali informazioni necessarie per le indagini in sede di denuncia. Giova far presente che qualora la persona vittima di questi comportamenti non riesca, a causa dello stato d'animo vissuto, ad annotare con precisione il giorno, l'ora, il numero, questo non deve scoraggiare le vittime perché si può risalire all'autore mediante l'analisi dei tabulati telefonici.

20) C'è un numero di telefono a cui le vittime di atti persecutori possono rivolgersi in caso di richiesta di aiuto?

Presso il Dipartimento per le Pari Opportunità è stato istituito un numero di pubblica utilità nazionale 1522 (gratuito), un servizio pubblico pensato per fornire ascolto e sostegno alle donne vittime di violenza.
Il numero è attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell'anno ed è accessibile dall'intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un'accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Le operatrici telefoniche dedicate al servizio forniscono una prima risposta ai bisogni delle donne vittime di violenza, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti a livello locale. In caso di emergenza, si possono anche contattare direttamente i numeri di pronto intervento (112, 113). I numeri sono gratuiti e da cellulare si possono comporre anche in assenza di credito.

21) Quali sono i comportamenti che è consigliabile adottare nel caso in cui si è vittima di atti persecutori?

Dal momento che non tutte le situazioni di atti persecutori sono uguali, non è facile fornire delle modalità di difesa comuni da adattare alle circostanze e alle diverse tipologie di persecutori. Al riguardo, si possono fornire alcuni utili suggerimenti in merito:
• tenete presente che prendere consapevolezza del problema è già un primo passo per risolverlo. A volte, invece si tende a sottovalutare il rischio e a non prendere le dovute precauzioni come per esempio, informarsi sull'argomento e adottare dei comportamenti tesi a scoraggiare, fin dall'inizio, comportamenti di molestia assillante;
• ricordate che, in alcune circostanze, di fronte ad una relazione indesiderata, è necessario "dire no" in modo chiaro e fermo, evitando improvvisate interpretazioni psicologiche o tentativi di comprensione che potrebbero rinforzare i comportamenti persecutori dell'autore;
• la maggior parte delle ricerche ha rilevato che la strategia migliore sembra essere l'indifferenza. Infatti, sebbene per la vittima risulti difficile gestire lo stress senza reagire, è indubbio che l'autore rinforza i suoi atti sia dai comportamenti di paura della vittima, sia da quelli reattivi ai sentimenti di rabbia;
• cercate di essere prudenti e quando uscite di casa evitate di seguire sempre gli stessi itinerari e di fermarvi in luoghi isolati e appartati;
• tenete sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza;
• se vi sentite seguiti o in pericolo, chiedete aiuto, chiamate un numero di pronto intervento, come per esempio il "112" o rivolgetevi al più vicino Comando Carabinieri.

22) Se ho presentato querela in quanto vittima di atti persecutori prima dell'entrata in vigore di questo nuovo reato (23 febbraio 2009), il responsabile può essere perseguito penalmente?
No, la legge non ha effetto retroattivo, ciò significa che chi ha commesso atti persecutori prima dell'entrata in vigore della legge non può essere punito per questo nuovo reato, ma verrà perseguito per i singoli reati già previsti dalla normativa (esempio minacce, percosse, lesioni, molestie telefoniche ecc).

23) Ho sentito parlare del gratuito patrocinio per le persone che non possono sostenere le spese legali, di che cosa si tratta?
Il gratuito patrocinio è un diritto civile, costituzionalmente garantito, che riguarda l'assistenza legale gratuita di persone non abbienti, così come disposto dal D.P.R. 30.05.2002 n. 115. Al gratuito patrocinio possono essere ammessi l'imputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che voglia costituirsi parte civile, il responsabile civile. Nel corso delle indagini preliminari e, prima dell'esercizio dell'azione penale, la richiesta va effettuata al giudice per le indagini preliminari e, successivamente, al giudice che procede.
24) Che cosa si intende con il termine "gaslighting"?
Il termine "gaslighting" deriva dal titolo del film "Gaslight" del 1944 ed è utilizzato per definire un crudele comportamento manipolatorio messo in atto da una persona abusante per far in modo che la sua vittima dubiti di sé stessa e dei suoi giudizi di realtà. Lo scopo di questa condotta è quello di ridurre la vittima ad una totale dipendenza fisica e psicologica annullando di fatto ogni possibilità di scelta autonoma. Il "gaslighting" può rappresentare il prologo o il correlato di condotte di stalking.

25) Se non sono sicura/o di essere vittima di atti persecutori, a chi posso rivolgermi per chiedere informazioni in merito?
Se ci sono dei dubbi in proposito, è bene recarsi al Comando Arma/Posto di Polizia più vicino, o chiamare il numero telefonico di pubblica utilità 1522, al fine di descrivere la situazione vissuta per ricevere le necessarie informazioni del caso.
Testo tratto integralmente dal sito di cui sotto.

http://www.carabinieri.it/Internet/Cittadino/Consigli/Tematici/Questioni+di+vita/Stalking+o+Sindrome+del+molestatore+assillante/12_FAQ.htm
Dott.ssa Moira Melis
 

lunedì 5 maggio 2014

DONNE CHE "AMANO" TROPPO: La storia di Asa e Nils


 “Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo…
Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, i tradimenti … stiamo amando troppo.
Quando siamo offesi dal suo comportamento ma pensiamo che sia colpa nostra perché non siamo abbastanza attraenti o abbastanza affettuose, stiamo amando troppo…
Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo…”
Robin Nortwood 
 
Conoscete Asa Grennvall? E’ una illustratrice e fumettista svedese tra le più note e apprezzate nel suo  campo e anche la protagonista di una storia drammatica, per inciso, la sua, che ha scelto qui di rappresentare e rendere pubblica come forma di denuncia per i maltrattamenti fisici e psicologici subìti dal proprio partner, violenze che  nessuna donna deve più tollerare, accettare, giustificare.
Una storia che nel 2002 ha presentato come tesi di diploma al Master of Fine Arts del Konstfack University College di Stoccolma e dalla quale nel 2014 è stata tratta una graphic novel intitolata, così come il libro stesso dell’autrice, “7° piano”, e curato dalla casa editrice Hope! in collaborazione con Amnesty International per sensibilizzare al tema della violenza sulle donne. Il filmato (di cui sotto) che vi invito a guardare, illustra nel dettaglio il graduale percorso che conduce la protagonista verso l’auto-annullamento e l’isolamento sociale. Asa, come tutte le “donne che amano troppo”, finisce per trascurare i propri bisogni e dedicarsi interamente alla soddisfazione dei bisogni dell’altro, quasi fosse una vocazione. Nel tentativo di esorcizzare la grande paura di essere abbandonata e perdere l’ “amore”, finisce per sottostare ad ogni forma di maltrattamento. Se in alcuni momenti si fa strada il dubbio che qualcosa di distorto regga tale relazione, questo viene presto rimosso: Asa non riesce a lasciare Nils, tanto è intrappolata nel circuito della dipendenza dal proprio partner. Pensa di esistere solo quando sta con lui, tutto il resto, compresa la tutela del proprio diritto a stare bene, passa in secondo piano. Asa accetta schiaffi, sputi, oggetti lanciati addosso, offese pesanti, senza mai denunciare, senza lasciare l’uomo che le usa queste violenze. Soffre terribilmente perché  biasima sé stessa di non essere all’altezza e sempre perfetta come lui la vorrebbe, si domanda in cosa lei sbagli piuttosto che prendere consapevolezza della tossicità del suo rapporto e della necessità di separarsi da chi non è capace di amare in modo sano. L’amore non deve trasformarsi in un’abitudine a soffrire, se in un rapporto di coppia  vi è un disequilibrio tra il dare e il ricevere, questo è già un segnale forte di un malfunzionamento di base del rapporto che non può essere mai sottovalutato. Il rischio cui si va incontro negando questi primi campanelli di allarme è che alla mancanza di reciprocità si accompagnino in seguito minacce, accuse, insulti e gesti violenti che più feriscono e lacerano, più paradossalmente legano a doppio filo chi viene indotta a credere di meritarsele.  A livello psicologico, assumersi la colpa per il dolore che si prova,  a causa di quei maltrattamenti è una modalità di difesa dal senso di impotenza. Pensarsi, di contro, colpevole di aver indotto il compagno a compierli induce ad amplificare la propria credenza di essere sbagliate, in difetto, e conseguentemente addossarsi per intero la responsabilità dei torti subìti. Il senso di colpa consente infatti alla vittima di conservare la speranza di riuscire a capire cosa non funzioni in sé, ma anche di sapersi correggere e porre fine al proprio dolore. Rassegnarsi all’impossibilità dell’impresa di cambiare il partner è un passo che non si riesce a compiere se impellente appare il bisogno sentirsi “visti”, pur nel male. E’ meno peggio del non essere visti affatto e permette di tamponare le ferite, mai rimarginate, dalle carenze affettive esperite nel passato. Chi soffre di dipendenza affettiva ha imparato fin da bambina ad adattarsi al limite dell’altro di non saper dare affetto e non se lo aspetta, né in fondo si sente pienamente degna di poterselo meritare; ciò che ha, di contro, affinato col tempo  è la capacità di soddisfare i bisogni dell’altro, lenire le sofferenze altrui. Accettando passivamente le umiliazioni che il partner le infligge, agisce un autocontrollo e resiste adattandosi, al solo scopo di vincere la sfida con sé stessa di riuscire nell’impresa di conquistarne l’affetto, dunque diventare quell’oggetto d’amore di cui egli auspica il completo possesso.
E’ evidentemente una mera illusione quella di riuscire con la sottomissione e  il sacrificio della propria vitalità e identità a conquistare l’amore di quell’uomo fortemente idealizzato, fino ad arrivare a cambiarlo. Si persuade che spetti a lei magicamente cambiare e perciò si rifugia nei ricordi del passato, ripercorrendo a ritroso le emozioni vissute durante il primo incontro con lui e ripensando all’ebbrezza provata dallo stare insieme, a quelle caratteristiche che di lui l’avevano affascinata all’inizio della loro storia. Il passato “felice” si scontra con il triste e drammatico presente, ma il futuro senza di lui le appare intollerabile e angosciante; si convince allora che l’unica soluzione sia impegnarsi a fare meglio e dare di più e si impone l’ennesima sfida con sé stessa per  essere come lui la vuole, nella speranza di riscrivere un finale diverso, nel miraggio di riuscire finalmente a conquistarne l’amore. E il circuito disfunzionale della dipendente affettiva si rimette in moto…
La vera grande sfida di Asa Grennvall è stata quella di scegliere di salvarsi liberandosi dell’illusione di ricevere l’amore di Nils spezzando la catena che la disumanizzava, impegnandosi fortemente nella cura e consapevolezza di sé stessa e nella divulgazione di questa presa di coscienza. Concludo con una bellissima citazione di Mark Twain:
Non permettere a nessuno di essere la tua priorità intanto che permetti a te stesso di essere una delle sue opzioni.
Dott.ssa Moira Melis
 

giovedì 24 aprile 2014

Il vero problema degli adolescenti sono i genitori... ! ... ?





La copertina dell'Internazionale uscito il 18 aprile ha subito scatenato la mia curiosità, sono quindi corsa in edicola per poter leggere questo articolo.

Tutto parte da Laurence Steinberg, psicologo della Temple University una delle maggiori autorità in materia di pubertà negli stati uniti, che ha seguito diversi studi sugli adolescenti ed anche un’analisi approfondita di come i genitori vivono il passaggio dei figli alla pubertà.
Ciò che sostiene l’articolo basato sulle ricerche di Steinberg, ma non solo, è che la situazione psicologica di un adulto è molto più prevedibile se messa in relazione con lo sviluppo psicologico del figlio piuttosto che con l’età. Cosa vuol dire questo? Lo sviluppo del figlio con la sua spinta all’autonomia ed all’indipendenza dai genitori e dalla famiglia sposta i riflettori sulla vita dei genitori, rivelando, se ce ne sono, i loro problemi. Pensate alla menopausa o pre menopausa per le donne, spesso in coincidenza con l'entrata dei figli nell'età puberale e quindi fertile, la situazione si rovescia.

La volontà dei genitori di mantenere sicuri e protetti i propri figli anche quando crescono e aspirano all’autonomia può essere estenuante per entrambi. Da protettori dei ragazzi i genitori si trasformano in carcerieri. Lasciar crescere il proprio figlio nell’adolescenza vuol dire anche cedere un po’ del proprio potere ai figli che inizieranno a prendere le loro decisioni; significa inoltre retrocedere un po’ accettando che i ragazzi rimodellano la loro vita senza mettere al centro i genitori ed i loro obiettivi.
Non è giusto chiedere la felicità ad un figlio sosteneva Adam Phillips, le aspettative assegnano ad un figlio il ruolo di “antidepressivo” e rendono i genitori più dipendenti dai figli di quanto lo siano i figli da loro.

L’impatto più forte che può avere l’adolescenza dal punto dei genitori  è che li costringe ad osservare se stessi. Anche i bambini piccoli spingono a valutare le scelte ma sono gli adolescenti a suscitare più forti sentimenti di autocritica: chi saremo e cosa faremo dopo che i figli non avranno più bisogno di noi? Sono gli adolescenti a presentare il contro delle decisioni genitoriali e a far chiedere se tutto quello che si è fatto è stato fatto bene. L’adolescenza dei figli spinge ad una sorta di bilancio complessivo, e questo può portare a sentimenti di orgoglio e realizzazione, ma anche di dubbio e rimpianto.

Malgrado gli sforzi dei genitori tutti i ragazzi potranno vivere dei momenti di infelicità nella loro crescita. Ci sono dei limiti oggettivi a quanto i genitori possono fare per proteggere i figli adolescenti dagli aspetti dolorosi della vita, ma hanno tutto il tempo prima per costruire una buona relazione.


Questo il link dell'articolo originale di Jennifer Senior sul New York Magazine.
http://nymag.com/news/features/adolescence-2014-1/


Voi cosa ne pensate?



Dott.ssa Laura Tresoldi


domenica 2 marzo 2014

EMPATIA E'...una potente risorsa comunicativa

 
 

 
 

Che cos’è l’empatia? E cosa lega questo termine con quello di simpatia? Etimologicamente, entrambi  derivano dal greco e  contengono la parola “pathos” che rimanda al sentimento, alla passionalità dell’animo umano, ad uno stato di  intensa emozione,  commozione,  sofferenza.  Ma cosa differenzia i due termini a livello relazionale? Può essere  sufficiente provare simpatia per riuscire a creare e mantenere un legame di  intima vicinanza con l’altro?

Vorrei suggerirvi la visione di un tenerissimo corto dal titolo “Il potere dell’empatia” (basta   un clic sul link sottostante) tratto da una conferenza sul tema della vulnerabilità tenuta dalla dott.ssa Brené Brown,  docente e ricercatrice di scienze sociali presso l’Università di Houston. Il filmato, che  ha per protagonisti tre buffi personaggi: un empatico orso, una triste volpe e un simpatico capriolo, mostra con semplicità, delicatezza e brillante ironia, cosa comporti, all’interno di uno scambio interattivo, l’utilizzo dell’empatia piuttosto che della simpatia.

 
https://www.youtube.com/watch?v=L3vfd5-hubk  (cliccando sul link è possibile visualizzare il  video con doppiaggio in italiano, se si clicca sul video in basso lo si potrà ascoltare in lingua inglese)

 
"Che cos’è l’empatia? … e perché è così diversa dalla simpatia? L’empatia crea connessione e spinge verso la comprensione,  la simpatia porta al distacco. Uno studioso ha preso in esame professioni molto diverse tra loro per le quali l’empatia è fondamentale e ne ha individuato 4 qualità: 1)  Assunzione di prospettiva, la capacità di mettersi nei panni di un’altra persona, di riconoscere che la sua prospettiva è la 'sua' verità. 2)    Astenersi dal giudizio  (molto difficile, se ti piace giudicare come la maggior parte di noi). 3) Riconoscere i sentimenti altrui  4) Comunicarlo. Empatia è… sentire INSIEME. Penso sempre all’empatia come ad una sorta di spazio segreto; Se qualcuno cade in una sorta di buco profondo, e  raggiunto il fondo, grida: “non riesco a uscire, mi sento impotente, è buio, non ho più forze, sono sopraffatto”, noi guardandolo in quel luogo buio, possiamo dirgli: “Ehi… scendo per raggiungerti e starti vicino…so come ci si sente a stare lì sotto. Non sei solo.” La simpatia è…         “Oooh!”, “Che schifo lì, eh?”, “Eeeeeehm …”, “… vuoi un tramezzino?”, “Umm …”.
L’empatia è una scelta, ed è una scelta vulnerabile, perché per entrare in connessione con te, devo prima connettermi con quella parte di me che conosce quella sensazione. Molto raramente, forse mai, una risposta empatica può iniziare con “beh, almeno …”. Io stessa l’ho fatto, sì … e lo facciamo tutti di continuo. Sapete come va? Qualcuno ha appena condiviso con noi qualcosa di incredibilmente doloroso, e noi cerchiamo  in qualche modo di alleggerirlo. E' come se ci disegnassimo un alone di luce intorno. Per cui: - Se a dice :"Ho perso il bambino", - allora b risponde: "beh, almeno sai che puoi restare incinta" - Se a dice: "Penso che il mio matrimonio stia cadendo a pezzi" - allora b risponde: " beh, almeno ce l'hai un matrimonio" - Se a dice: "John sta per essere espulso da scuola" - allora b risponde: "beh, almeno è un ottimo studente." Quello che facciamo a volte, di fronte ad una conversazione difficile, è cercare di rendere le cose migliori. Se condivido con te qualcosa di delicato, preferirei che dicessi: “ non so cosa dire in questo momento, ma sono molto contento che me ne abbia parlato.” Perché la verità  è che, difficilmente una risposta può migliorare le cose.  Ciò che può migliorare le cose è la connessione emotiva, sentirsi accolti e compresi, nel profondo."
Questo bellissimo corto ci invita a riflettere sulla modalità che più spesso adottiamo nell'interazione con gli altri, in particolare quando, questi ultimi, ci scelgono come interlocutori privilegiati ai quali depositare le loro drammatiche vicende. Voi, come siete soliti comportarvi in tali circostanze? tendete ad accogliere o respingere le confidenze altrui? Vi sentite più empatici o più simpatici? E cambiando prospettiva, sentite una disposizione benevola all'ascolto da parte dell'altro, quando siete voi ad aver bisogno di essere accolti? avete fatto esperienza di autentica comprensione dall'altro a cui avete scelto di affidare le vostre piccole o grandi fragilità? o ve ne siete sentiti delusi perché l'altro ne ha preso distanza, minimizzando il vostro dolore, sdrammatizzandolo o addirittura ignorandolo, un po' come fa il capriolo della storia?
Secondo  Heinz Kohut, psicoanalista austriaco che si è occupato di questi temi, mentre la simpatia consente "un sentire con l'altro", nell'empatia si verifica un' "immersione nell'altro e dell'altro in me, ma senza confusione". Un po' come fa l'orso della storia che scende lì dove la sua amica volpe è precipitata, per dargli conforto e fargli sentire che gli è realmente vicino e che non teme di sentire ciò che lei prova, il suo dolore. Anche l'orso l'ha a sua volta vissuto e sa che ciò che conta in quei momenti è la presenza dell'altro e il suo caldo abbraccio. E' la conferma dell' esserci per lui ciò che più conta e che scalda il cuore e ridona coraggio.
Kohut definisce l'empatia "il tentativo di sperimentare da parte di una persona la vita interiore di un'altra, pur conservando nello stesso tempo la posizione di osservatore imparziale", sulla stessa linea, Freud la definisce come il processo "che più di ogni altro ci permette di intendere l'Io estraneo di altre persone." Solo se mi sento sufficientemente sicuro che nell'accogliere il tuo dolore possa non esserne  a mia volta sopraffatto, non ne scappo come fa il capriolo. Quest'ultimo, personifica la paura di guardarsi dentro. Non tutti infatti desiderano accedere alla propria "stanza buia interna" perché se ne sentono spaventati e preferiscono evitare ciò che creerebbe ansia e malessere.    L'empatia è quell'ingrediente che nelle relazioni fa la differenza, le arricchisce, rendendo più forti i legami perché permette di costruire tra gli altri e noi quei ponti invisibili che "legano", ma richiede la coraggiosa disposizione ad entrare in contatto con le proprie vulnerabilità. E' un'abilità sociale   indispensabile, una preziosa risorsa comunicativa che merita di essere continuamente allenata e affinata.
Concludo riportando due citazioni, una, la prima, di Henry Wadsworth Longfellow che invita a sospendere il giudizio critico verso l'altro e orienta ad una maggiore comprensione empatica: "Se potessimo leggere la storia segreta dei nostri nemici, noi troveremmo nella vita di ciascuno dispiaceri e sofferenze tali da disarmare tutta la nostra ostilità.” E la seconda, di Carl Rogers: "Ogni persona è un'isola in se stessa [...] e può gettare dei ponti verso altre isole solamente se vuole ed è in grado di essere se stessa."  

Dott.ssa Moira Melis

Trascrizione tratta dal corto “Il potere dell’empatia”, RSA shorts - The Power of Empathy,   www.thersa.org
Mauro Fornaro, Il soggetto mancato. La psicologia del Sé di Heinz Kohut, Ed. Studium, Roma, 1996, pp. 77-81