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lunedì 29 aprile 2013

I nuovi CYBER REATI


La rete internet è una fonte di informazioni e di possibilità relazionali illimitate. Permette di rimanere in contatto con persone lontane, con famigliari, con amici.
I tanti aspetti positivi riguardano anche le informazioni che vi si possono trovare: la rete è immediata e sempre disponibile. Abbiamo già trattato il tema di internet insieme vedendo le diverse possibilità terapeutiche che la rete offre.  
In questo intervento ci dedicheremo invece alle nuove forme di reato a cui possiamo andare in contro noi, o i nostri bambini, legate allo sviluppo delle tecnologie ad ai comportamenti delinquenziali in rete: i CYBER REATI.

Oggi si parla infatti di CYBERBULLISMO, cioè di bullismo perpetrato tramite i nuovi mezzi di comunicazione. 
Il 23,6% degli adolescenti intervistati da Telefono Azzurro e Eurispes dichiara di aver trovato on-line pettegolezzi o falsità sul proprio conto. A 1 adolescente su 5 è capitato di trovare in internet proprie foto imbarazzanti.  Il video dell' indagine sulla condizione dell' infanzia ed adolescenza che troverete a questo link fornisce dati e numeri precisi a riguardo  
http://youtu.be/RFtk7ybMw0A

Un altro fenomeno in crescita tra i ragazzi - soprattutto di 16-18 anni - è il SEXTING, cioè l'invio di testi, immagini e video a sfondo sessuale. 
Il 12,3% degli adolescenti dichiara di aver inviato sms o mms a sfondo sessuale e il 25,9% di averli ricevuti, per lo più da amici, dal fidanzato/a e da estranei. 
Il fenomeno riguarda sia maschi che femmine e le motivazioni possono essere diverse: se un ragazzo su due non ci vede niente di male, quasi una ragazza su quattro lo fa perché gli è stato richiesto dal proprio ragazzo. a volte lo fa per vendetta o anche per guadagno se si chiede in cambio denaro.
Scattarsi una foto e inviarla ad altri è per lo più vissuto come un gioco: i ragazzi non sono consapevoli di scambiare materiale pedopornografico, che può arrivare nelle mani sbagliate, né tantomeno considerano gli effetti sulle persone ritratte. Tra i 16-18enni, 1 ragazzo su 10 si è trovato in pericolo dopo aver messo online la foto di se stesso nudo. 

Altro è il FLAMMING ovvero l'invio di messaggi ostili, denigratori e diffamatori che possono avere escalation fino ad una vera e propria "rissa virtuale". 

Queste azioni possono avere gravi conseguenze sui ragazzi: per chi le subisce a livello psicologico e sociale, per chi le perpetra a livello legale, in realtà esiste la responsabilità sussidiaria dei genitori per le condotte messe in atto dai figli, ma come si dice "i nodi tornano sempre al pettine".

Altra tipologia di cyber reato è il GROOMING: 
l' adescamento del minore tramite chat room. Il pedofilo della rete (GROOMER) comprende le debolezze ed i bisogni del minore e fa in modo di rispondervi per accattivarselo. I Groomer ricercano nelle chat room quei minori che esprimono sentimenti di rifiuto della famiglia, di incomprensione e solitudine ed isolamento sociale. Con questi creano un "noi" utilizzando spesso la frase " ti capisco" e creando una separazione tra il "noi" e "loro" che non ti comprendono finalizzati a creare un "rapporto" di amicizia e fiducia " a me queste cose le puoi dire, noi siamo uguali, io ti capisco".


Come aiutare i ragazzi ad usare le potenzialità della rete e non cadere invece nelle sue trappole?
Avere un rapporto di comunicazione con loro, porsi come figure autorevoli ma empatiche e pronte ad ascoltarli, i loro problemi non saranno complicati come i nostri ma non sminuiamo le loro sofferenze quotidiane.
Il genitore può inoltre applicare dei filtri e dei controlli per l'accesso a determinati siti internet ritenuti pericolosi e non adatti con il parental control.
E se abbiamo dei dubbi oppure vediamo in internet siti con contenuti dannosi per i nostri bambini possiamo sempre contattare la Polizia Postale che si occupa di violazioni e delinquenza perpetrata con le nuove tecnologie.    



dott.ssa Laura Tresoldi 


 





martedì 23 aprile 2013

La ricerca delle proprie origini, l'identità familiare. Almanya La Mia Famiglia Va In Germania -



Una famiglia alla ricerca delle proprie origini identitarie, generazioni a confronto,
dalla Turchia alla Germania e ritorno.
Chi si sente tedesco.... chi si sente turco... chi è confuso... 


 
...Una volta un saggio alla domanda "chi o che cosa siamo noi" ha risposto così:
siamo la somma di tutto quello che è successo prima di noi
di tutto quello che è accaduto davanti ai nostri occhi
di tutto quello che ci è stato fatto
siamo ogni persona, ogni cosa la cui esistenza ci abbia influenzato 
o che la nostra esistenza abbia influenzato
siamo tutto ciò che accade dopo che non esistiamo più
e ciò che non sarebbe accaduto se non fossimo mai esistiti

lunedì 15 aprile 2013

CORPI E ANIME FRAGILI: CAPIRE L'ANORESSIA





L’INIZIO
Di solito tutto incomincia con una dieta dimagrante per migliorare e controllare la propria immagine.
Si iniziano ad “evitare” ogni tanto certi alimenti: “Mah si posso rinunciare anche al pezzo di pane anche se la dieta lo prevede”; “Stasera i miei amici escono a mangiare una pizza..magari li raggiungo dopo così faccio con calma..e poi risparmio un bel po’ di calorie”, questi sono solo alcuni esempi..e alla fine il sapore del pane, della pasta o di un gelato non si ricordano più.
Non pesa la rinuncia perché è maggiore il piacere che deriva dal saper controllare un istinto (la fame) antico quanto l’uomo.
Gradualmente, piano piano come un “brutto male” che si diffonde, l’anoressia cambia la vita e cambia il modo in cui si percepisce la realtà: il corpo scarno viene percepito come “grasso”, le minime quantità di cibo introdotte come sufficienti, il malessere fisico e psichico si veste da iperattività e grande efficienza (anch’esse utili a consumare calorie).

ALTRI SINTOMI
Tipico è eccessivo esercizio fisico nel tentativo disperato di bruciare più calorie; frequente la tendenza a nascondere o a non ammettere di avere un problema con il cibo: si mente sulla quantità di alimenti consumata e si banalizzano o nascondono i sintomi ed i disturbi fisici derivanti dall'anoressia (ad es. scompaiono le mestruazioni: il corpo sa che, in quello stato, una gravidanza sarebbe troppo per cui compromette l’equilibrio ormonale), possono essere presenti condotte di esplulsione del cibo ingerito.
Si riscontra la tendenza, talvolta, a consumare acqua in elevate quantità per stimolare il senso di sazietà oppure a non assumere liquidi per non aumentare il peso corporeo; spesso è presente un comportamento compulsivo-ritualistico riguardo al cibo (tagliare le pietanze in pezzi piccolissimi e rigirarli nel piatto prima di mangiarli, cucinare piatti elaborati per i familiari senza assaggiare quanto preparato, raccogliere e catalogare le ricette).
Sono frequenti sintomi depressivi e, in alcuni soggetti, pensieri suicidari.
 
L’AUTOINGANNO
Ci si illude che cambiando il proprio corpo sia possibile cambiare anche la propria vita.
Il corpo diviene un mezzo attraverso cui esprimere un dolore interiore, un disagio che le parole non  possono comunicare.
L’autoinganno consiste nel pensare di poter aumentare il proprio senso di valore in quanto capaci di controllare la fame e il proprio corpo.
Esiste un convincimento alla base: quello di non “essere abbastanza”, di non “valere abbastanza”, di avere un qualche aspetto di “difettosità”; si cerca quindi di recuperare autostima sfidano la natura e il normale istinto di sopravvivenza che  spinge a nutrirsi.
Si crede di poter essere “più forti” e non ci si rende conto di quanto la fragilità dell’ anima sia scolpita nella fragilità del corpo.

LA CURA
L’aiuto psicologico individuale e familiare rappresentano percorsi di cura efficaci che favoriscono la comprensione delle cause  individuali e relazionali del disagio, ciò rappresenta un buon punto di partenza per l’individuazione di strategie terapeutiche utili alla promozione del cambiamento.
                       
                                        Dott.ssa Marzia Montinaro

lunedì 8 aprile 2013

LE PSICOLOGHE DI PSICOPENSIERI ABILITATE ALL'APPLICAZIONE DELL'EMDR

Cosa significa EMDR?
Significa desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari.
Cos'è l'EMDR?  
L’EMDR è un approccio complesso ma ben strutturato che può essere integrato nei programmi terapeutici aumentandone l’efficacia.Considera tutti gli aspetti di una esperienza stressante o traumatica, sia quelli cognitivi ed emotivi che quelli comportamentali e neurofisiologici. A volte, quando abbiamo subito un trauma, il solo parlarne non basta, in quanto la parola considera solo il livello cognitivo tralasciando gli altri.
In che cosa consiste l'approccio EMDR?
Questa metodologia utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata destro/sinistra, per ristabilire l’equilibrio eccitatorio/inibitorio, provocando così una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali. Si basa su un processo neurofisiologico naturale, legato all’elaborazione accelerata dell’informazione. 
Su cosa si basa l'EMDR?  
L'EMDR parte dal presupposto che il nostro cervello ha una capacità innata di elaborare le informazioni. In situazioni particolarmente difficili, però, capita che le informazioni non vengono elaborate totalmente, e quindi si crea un trauma. Un trauma porta a rivivere continuamente e in modo intrusivo l'evento spaventante anche quando questo non è più realmente vissuto. 
Molti pazienti si chiedono come è possibile che nonostante non si sia più in quella situazione pericolosa, si continuano a sentire delle sensazioni spiacevoli così forti. Questo accade perchè il "problema" non sta più nell'evento, ma nel RICORDO DELL'EVENTO. 
Tale ricordo crea stress e difficoltà estrema per la persona, proprio perchè l'evento è rimasto memorizzato in un modo non funzionale.
Come vede la patologia l'EMDR?
L’EMDR vede la patologia come informazione immagazzinata in modo non funzionale e si basa sull’ipotesi che c’è una componente fisiologica in ogni disturbo o disagio psicologico.  Quando avviene un evento ”traumatico” viene disturbato l’equilibrio eccitatorio/inibitorio  necessario per l’elaborazione dell’informazione. Si può affermare che questo provochi il ”congelamento” dell’informazione nella sua forma ansiogena originale, nello stesso modo in cui è stato vissuto. Questa informazione ”congelata” e racchiusa nelle reti neurali non può essere elaborata e quindi continua a provocare patologie come il disturbo da stress post traumatico (PTSD) e altri disturbi psicologici. 
Cosa si ottiene attraverso questo approccio?
L’EMDR è usato fondamentalmente per accedere, neutralizzare e portare a una risoluzione adattiva i ricordi di esperienze traumatiche che stanno alla base di disturbi psicologici attuali del paziente. Queste esperienze traumatiche possono consistere in: 
  • Piccoli-grandi traumi subiti nell'età dello sviluppo
  • Eventi stressanti nell'ambito delle esperienza comuni come lutto, malattia cronica, perdite finanziarie, conflitti coniugali, cambiamenti
  • Eventi stressanti al di fuori dell'esperienza umana consueta quali disastri naturali (terremoti, inondazioni) o disastri provocati dall'uomo (incidenti gravi, torture, violenze)
  
Sitografia: http://www.emdritalia.it/
 

venerdì 5 aprile 2013

IMPARARE A RILASSARSI, A GESTIRE LO STRESS E LE EMOZIONI: CORSO DI TRAINING AUTOGENO A TREVIGLIO (BG)

Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento sviluppata dal medico tedesco J.H. Schultz e attualmente adoperata in svariati campi:
  • nella gestione delle emozioni, dello stress, dell’ansia 
  • nei disturbi del sonno 
  • nella dissuefazione dal fumo 
  • nel bruxismo 
  • nelle patologie con base psicosomatica (es. pressione alta, emicrania, asma, ulcera gastrica, eczema cutaneo, ecc.) 
  • nel miglioramento delle capacità di concentrazione e della memoria 
  • nella diminuzione della percezione del dolore 
  • nell’agevolazione del parto 
  • in ambito sportivo e in tutte quelle situazioni che richiedono il raggiungimento di un alto livello di concentrazione. 
DURATA: 6 incontri di gruppo della durata di un’ora e mezza ciascuno
minimo 3 partecipanti – massimo 10 partecipanti
Le iscrizioni verranno chiuse al raggiungimento del numero massimo previsto. 

DOVE: presso lo Studio di Psicologia Il Racconto, via G. Matteotti 5, Treviglio (BG)

COSTO: 150€ a persona (iva inclusa).
Possibilità di pagare i singoli incontri al costo di 30€ l’uno.
Prima dell’inizio del corso, diamo la possibilità di fissare un colloquio individuale gratuito, finalizzato ad approfondire le esigenze specifiche di ogni partecipante. 
 
QUANDO: 7, 14, 21 maggio 2013 4,11 giugno 2013 dalle 20.00 alle 21.30
  
Per informazioni: tel. 329-71.54.064 – email: info@studioilracconto.it
 
 

martedì 2 aprile 2013

MAMMA, PAPA’…IO A SCUOLA NON CI VADO!



Capita a volte di vedere genitori che non sanno più cosa fare per convincere i loro figli ad entrare a scuola! Se va bene si vedono bambini in lacrime, ma nei casi più complessi si possono vedere piccoli alunni che si attaccano alla gamba dei genitori, che urlano, che si incollano al cancello della scuola per non entrare. Da una parte i genitori imbarazzati e a volte arrabbiati, dall’altra parte le insegnanti impotenti. In mezzo loro: bambini che stanno soffrendo.
Se il disagio è circoscritto solo ed esclusivamente alla scuola si può parlare di “Fobia scolare”. Essa riguarda l’ansia eccessiva che coglie il soggetto proprio quando deve andare a scuola e durante le ore scolastiche,  compromettendo in modo significativo una regolare frequenza. I sintomi più frequenti che il bambino può manifestare possono essere agitazione, ansia, paura e possono riguardare anche l’area somatica lamentando mal di testa, mal di pancia, nausea, palpitazioni fino ad arrivare a disturbi del sonno, enuresi e risvegli notturni.
A volte però…c’è dell’altro.
La scuola è l’ambiente che il bambino frequenta per ben otto ore al giorno. Proviamo a pensare…se noi stessi avessimo delle preoccupazioni che riguardano un certa situazione che viviamo in casa, saremmo sereni a lasciare la casa stessa per ben otto ore di seguito?
La maggior parte di voi…direbbe di no.
Ecco cosa succede ad alcuni bambini che non riescono ad andare a scuola e a separarsi dai propri genitori anche per poter vivere altre esperienze.  Si parla in questo caso di “Ansia da separazione”.
Essa fa riferimento ad un’ansia inappropriata, rispetto al livello di sviluppo, che il bambino sperimenta quando viene separato dalla figura principale che si prende cura di lui. Spesso c’è una persistente ed eccessiva preoccupazione rispetto al fatto che un evento spiacevole e imprevisto possa capitare alle persone a cui lui è principalmente legato.  Si tratta di bambini che a volte hanno anche difficoltà a stare da soli, a dormire da soli e che si lamentano per molteplici sintomi fisici.
In questi casi la difficoltà ad andare a scuola, non sarebbe legata all’ambiente scolastico in sé, ma alla difficoltà di separarsi dalle figure di riferimento e dall’ambiente domestico. 
Cosa si può fare nell’immediato per aiutare un bambino che vive questa situazione?
È importante evitare di uscire di nascosto per la paura di scatenare il pianto del bambino, in quanto questa modalità aumenterebbe maggiormente il senso di insicurezza del piccolo. Fondamentale è trattare con serietà l’ansia del bambino in modo comprensivo e sereno evitando di minimizzare o prendere in giro con frasi come “adesso sei grande, basta capricci” o ancora “se non la smetti andrai in punizione!”. È più opportuno spiegare bene la situazione che il bambino deve affrontare nel qui ed ora rendendo il più prevedibile possibile la realtà.
Cosa si può fare per aiutare in modo significativo un bambino che vive questa situazione?
I sintomi che i bambini portano non devono essere sottovalutati. Se si esprimono così significa che il bambino non trova le parole per dirlo in altro modo. Con l’aiuto di uno psicologo è possibile capire le difficoltà che stanno alla base di questo disagio e lavorare per risolverlo alla radice. 
Dott.ssa Laura Prada