Che cos’è l’empatia? E cosa lega questo termine con
quello di simpatia?
Etimologicamente, entrambi derivano dal greco e contengono la
parola “pathos” che rimanda al
sentimento, alla passionalità dell’animo umano, ad uno stato di intensa
emozione, commozione, sofferenza. Ma cosa differenzia i due
termini a livello relazionale? Può essere sufficiente provare simpatia
per riuscire a creare e mantenere un legame di intima vicinanza con
l’altro?
Vorrei suggerirvi la visione di un tenerissimo corto dal
titolo “Il potere dell’empatia” (basta un clic sul link sottostante) tratto da una
conferenza sul tema della vulnerabilità tenuta dalla dott.ssa Brené Brown, docente e ricercatrice di scienze sociali presso l’Università di Houston. Il filmato, che ha per protagonisti tre buffi personaggi: un empatico orso, una triste volpe e un simpatico capriolo, mostra con
semplicità, delicatezza e brillante ironia, cosa comporti, all’interno di uno
scambio interattivo, l’utilizzo dell’empatia piuttosto che della simpatia.
https://www.youtube.com/watch?v=L3vfd5-hubk
(cliccando sul link è possibile visualizzare il video con doppiaggio
in italiano, se si clicca sul video in basso lo si potrà ascoltare in lingua
inglese)
"Che cos’è l’empatia?
… e perché è così diversa dalla simpatia? L’empatia
crea connessione e spinge verso la comprensione, la simpatia porta al
distacco. Uno studioso ha preso in esame professioni molto
diverse tra loro per le quali l’empatia è fondamentale e ne ha
individuato 4 qualità: 1) Assunzione di prospettiva, la capacità di mettersi nei panni di
un’altra persona, di riconoscere che la sua prospettiva è la 'sua' verità.
2)
Astenersi dal giudizio (molto difficile, se ti
piace giudicare come la maggior parte di noi). 3) Riconoscere
i sentimenti altrui 4) Comunicarlo. Empatia è… sentire INSIEME.
Penso sempre all’empatia come ad una sorta di spazio segreto;
Se qualcuno cade in una sorta di buco profondo, e raggiunto
il fondo, grida: “non riesco a uscire, mi sento impotente, è buio, non ho
più forze, sono sopraffatto”, noi guardandolo in quel luogo buio, possiamo
dirgli: “Ehi… scendo per raggiungerti e starti vicino…so come ci si sente
a stare lì sotto. Non sei solo.” La simpatia è…
“Oooh!”, “Che
schifo lì, eh?”, “Eeeeeehm
…”, “… vuoi un tramezzino?”, “Umm
…”.
L’empatia è una scelta, ed è una
scelta vulnerabile, perché per entrare in connessione con te, devo prima
connettermi con quella parte di me che conosce quella sensazione. Molto
raramente, forse mai, una risposta empatica può iniziare con “beh, almeno …”.
Io stessa l’ho fatto, sì … e lo facciamo tutti di continuo. Sapete come va? Qualcuno ha appena condiviso con noi qualcosa di
incredibilmente doloroso, e noi cerchiamo in qualche modo
di alleggerirlo. E' come se ci disegnassimo un alone di luce intorno. Per
cui: - Se a dice :"Ho perso il bambino", - allora b
risponde: "beh, almeno sai che puoi restare incinta" - Se
a dice: "Penso che il mio matrimonio stia cadendo a pezzi" - allora
b risponde: " beh, almeno ce l'hai un matrimonio" - Se a dice:
"John sta per essere espulso da scuola" - allora b risponde:
"beh, almeno è un ottimo studente." Quello che facciamo a
volte, di fronte ad una conversazione difficile, è cercare di rendere le cose
migliori. Se condivido con te qualcosa di delicato, preferirei che dicessi: “
non so cosa dire in questo momento, ma sono molto contento che me ne abbia
parlato.” Perché la
verità è che, difficilmente una risposta può migliorare le cose. Ciò che può migliorare le cose è
la connessione emotiva, sentirsi accolti e compresi, nel profondo."
Questo bellissimo
corto ci invita a riflettere sulla modalità che più spesso adottiamo
nell'interazione con gli altri, in particolare quando, questi ultimi, ci
scelgono come interlocutori privilegiati ai quali depositare le loro drammatiche
vicende. Voi,
come siete soliti comportarvi in tali circostanze?
tendete ad accogliere o respingere le confidenze altrui? Vi
sentite più empatici o più simpatici? E cambiando
prospettiva, sentite una disposizione benevola all'ascolto da parte
dell'altro, quando siete voi ad aver bisogno di essere accolti? avete
fatto esperienza di autentica comprensione dall'altro a cui avete scelto
di affidare le vostre piccole o grandi fragilità? o ve ne siete
sentiti delusi perché l'altro ne ha preso distanza, minimizzando il vostro
dolore, sdrammatizzandolo o addirittura ignorandolo, un po' come fa il capriolo
della storia?
Secondo Heinz Kohut, psicoanalista austriaco che si è occupato di questi temi, mentre la simpatia consente "un sentire con l'altro", nell'empatia si verifica un' "immersione nell'altro e dell'altro in me, ma senza confusione". Un po' come fa l'orso della storia che scende lì dove la sua amica volpe è precipitata, per dargli conforto e fargli sentire che gli è realmente vicino e che non teme di sentire ciò che lei prova, il suo dolore. Anche l'orso l'ha a sua volta vissuto e sa che ciò che conta in quei momenti è la presenza dell'altro e il suo caldo abbraccio. E' la conferma dell' esserci per lui ciò che più conta e che scalda il cuore e ridona coraggio.
Kohut definisce l'empatia "il tentativo di sperimentare da parte di una persona la vita interiore di un'altra, pur conservando nello stesso tempo la posizione di osservatore imparziale", sulla stessa linea, Freud la definisce come il processo "che più di ogni altro ci permette di intendere l'Io estraneo di altre persone." Solo se mi sento sufficientemente sicuro che nell'accogliere il tuo dolore possa non esserne a mia volta sopraffatto, non ne scappo come fa il capriolo. Quest'ultimo, personifica la paura di guardarsi dentro. Non tutti infatti desiderano accedere alla propria "stanza buia interna" perché se ne sentono spaventati e preferiscono evitare ciò che creerebbe ansia e malessere. L'empatia è quell'ingrediente che nelle relazioni fa la differenza, le arricchisce, rendendo più forti i legami perché permette di costruire tra gli altri e noi quei ponti invisibili che "legano", ma richiede la coraggiosa disposizione ad entrare in contatto con le proprie vulnerabilità. E' un'abilità sociale indispensabile, una preziosa risorsa comunicativa che merita di essere continuamente allenata e affinata.
Concludo riportando due citazioni, una, la prima, di Henry Wadsworth Longfellow che invita a sospendere il giudizio critico verso l'altro e orienta ad una maggiore comprensione empatica: "Se potessimo leggere la storia segreta dei nostri nemici, noi troveremmo nella vita di ciascuno dispiaceri e sofferenze tali da disarmare tutta la nostra ostilità.” E la seconda, di Carl Rogers: "Ogni persona è un'isola in se stessa [...] e può gettare dei ponti verso altre isole solamente se vuole ed è in grado di essere se stessa."
Dott.ssa Moira Melis
Secondo Heinz Kohut, psicoanalista austriaco che si è occupato di questi temi, mentre la simpatia consente "un sentire con l'altro", nell'empatia si verifica un' "immersione nell'altro e dell'altro in me, ma senza confusione". Un po' come fa l'orso della storia che scende lì dove la sua amica volpe è precipitata, per dargli conforto e fargli sentire che gli è realmente vicino e che non teme di sentire ciò che lei prova, il suo dolore. Anche l'orso l'ha a sua volta vissuto e sa che ciò che conta in quei momenti è la presenza dell'altro e il suo caldo abbraccio. E' la conferma dell' esserci per lui ciò che più conta e che scalda il cuore e ridona coraggio.
Kohut definisce l'empatia "il tentativo di sperimentare da parte di una persona la vita interiore di un'altra, pur conservando nello stesso tempo la posizione di osservatore imparziale", sulla stessa linea, Freud la definisce come il processo "che più di ogni altro ci permette di intendere l'Io estraneo di altre persone." Solo se mi sento sufficientemente sicuro che nell'accogliere il tuo dolore possa non esserne a mia volta sopraffatto, non ne scappo come fa il capriolo. Quest'ultimo, personifica la paura di guardarsi dentro. Non tutti infatti desiderano accedere alla propria "stanza buia interna" perché se ne sentono spaventati e preferiscono evitare ciò che creerebbe ansia e malessere. L'empatia è quell'ingrediente che nelle relazioni fa la differenza, le arricchisce, rendendo più forti i legami perché permette di costruire tra gli altri e noi quei ponti invisibili che "legano", ma richiede la coraggiosa disposizione ad entrare in contatto con le proprie vulnerabilità. E' un'abilità sociale indispensabile, una preziosa risorsa comunicativa che merita di essere continuamente allenata e affinata.
Concludo riportando due citazioni, una, la prima, di Henry Wadsworth Longfellow che invita a sospendere il giudizio critico verso l'altro e orienta ad una maggiore comprensione empatica: "Se potessimo leggere la storia segreta dei nostri nemici, noi troveremmo nella vita di ciascuno dispiaceri e sofferenze tali da disarmare tutta la nostra ostilità.” E la seconda, di Carl Rogers: "Ogni persona è un'isola in se stessa [...] e può gettare dei ponti verso altre isole solamente se vuole ed è in grado di essere se stessa."
Dott.ssa Moira Melis
Trascrizione tratta dal corto “Il potere dell’empatia”, RSA shorts - The Power of Empathy, www.thersa.org
Mauro Fornaro, Il soggetto mancato. La psicologia del Sé di Heinz Kohut, Ed. Studium, Roma, 1996, pp. 77-81