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giovedì 26 luglio 2012

I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO IN ETA’ EVOLUTIVA (DSA)


         Come evidenziato nell’intervento della dott.sa A. Borchia, non si tratta di problemi cognitivi, sensoriali o legati a svantaggi socio-culturali, quanto piuttosto di specifiche e significative mancanze di automatismi.
Se alla base delle operazioni mentali ci sono sia processi automatici sia processi cognitivi, dobbiamo assumere che, in presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento, le procedure del leggere, scrivere e calcolare non sono soggette a processi di automatizzazione e quindi richiedono un dispendio di energie e di tempo maggiori.
Di fatto, non potendo contare su processi inconsci con capacità di funzionamento praticamente illimitata e adatti a compiti ripetitivi quali il leggere, lo scrivere e il far di conto, la persona affetta da DSA è costretta ad utilizzare sempre e solo risorse cognitive caratterizzate da procedure consapevoli con capacità di funzionamento limitata nel tempo e dalla possibilità di concentrarsi solo su un  compito alla volta.
Di conseguenza, l’attenzione selettiva utilizzata nel processo di decodifica di un testo, per esempio, comporta un impegno che rende inefficace, o quantomeno limitato, il processo di comprensione, proprio perché è difficile processare più compiti in simultanea.
Per meglio renderci conto di cosa si intende per automatismo della lettura, può essere utile il seguente esercizio:

NON IMORPTA IN CHE ORIDNE APAPAINO LE LETETRE IN UNA PAOLRA, L’UINCA CSOA IMNORPTATE E’ CHE LA PIMRA E L’ULIMTA LETETRA SINAO NEL PTOSO GITUSO. IL RIUSTLATO PUO’ SERBMARE MLOTO CNOFSUO, MA NOONSTATNE TTUTO SI PUO’ LEGERGE SEZNA MLOTI PRLEOBMI.

Tutto sommato la decodifica automatica del testo non ha interferito col processo di comprensione del significato. Per capire invece lo sforzo di un lettore con DSA, basta provare a leggere quanto segue:

buantipi  voidossonol  eggere bue st erigne?

Da ciò si evince che per un dislessico leggere significa decodificare consapevolmente, fare continue traduzioni in presenza di una mancata stabilizzazione della corrispondenza grafemi-fonemi. Sappiamo infatti che nella lettura, i soggetti con DSA spesso confondono grafemi simili o uguali ma orientati diversamente nello spazio, per esempio, p q  d b, oppure a e t f .
Pertanto, il compito proposto, da automatico è diventato cognitivo e ha richiesto più impegno e più tempo per essere affrontato. Inevitabilmente, davanti a un testo più lungo e complesso, le difficoltà legate alla mancanza di comprensione del significato aumentano.



CONSEGUENZE PSICOLOGICHE DEL NON RICONOSCIMENTO DEI DSA

         Abbiamo visto che l’impegno cognitivo nei soggetti con DSA è di gran lunga superiore a quello dei coetanei e, tenendo conto del forte dispendio di energia e di attenzione che comporta, non potrà che essere di breve durata.  
Anche i problemi disciplinari sono spesso una conseguenza del disturbo specifico dell’ apprendimento in quanto il non poter partecipare al lavoro di gruppo alla pari degli altri comporta isolamento e implosione da un lato, oppure insofferenza ed esplosione dall’altro.
Le frustrazioni conseguenti alle difficoltà di apprendimento possono inoltre ridurre il livello di autostima e aumentare il rischio psicopatologico di disturbi emotivi e psicologici: ansia, disturbi del comportamento, depressione, forti ripercussioni sociali. Il ragazzo inizia a demotivarsi e a disinvestire energie in ambito scolastico. Si percepisce inadeguato, soprattutto a scuola, e inizia a crearsi una visione di sé negativa. Sperimenta nuovi insuccessi che confermeranno il suo senso di inadeguatezza.
Nello specifico, ansia e depressione sono conseguenti a due caratteristiche tipiche ed elevate nei DSA: il perfezionismo insito nella preoccupazione di sbagliare e l’evitamento del danno derivante dal timore di possibili effetti negativi dovuti agli errori commessi. Inoltre, la fatica e l’impegno che accompagnano il quotidiano confronto con le difficoltà tipiche di questi disturbi possono, a lungo andare, contribuire a un significativo calo della motivazione e dell’autostima.
Quindi, il non riconoscimento del disturbo influisce negativamente sullo sviluppo della personalità nel suo complesso e può compromettere un adattamento sociale equilibrato della persona. Le conseguenze possono essere spesso l’abbandono della scuola e talvolta un futuro professionale di basso livello nonostante le potenzialità di creatività e di intelligenza di questi soggetti.


COME INTERVENIRE
                                            
La dislessia non è una porta murata, ma una porta chiusa a doppia mandata. Per aprirla bisogna trovare la chiave giusta.”

        Così si esprime Filippo Barbera, un ragazzo con DSA, nel suo libro “Un’insolita compagna: la dislessia”, Vicenza 2012, Editrice Veneta, e che Flavio Fogarolo, nella prefazione al libro, commenta in questi termini:

“Non è facile. Perché la serratura è veramente complicata, perché spesso non basta una chiave sola, perché la mandata a volte è tripla, non solo doppia... ma il messaggio è chiaro: la chiave esiste, la porta si può aprire, il muro è valicabile, non bisogna rassegnarsi. Per gli addetti ai lavori la chiave si chiama compensazione, o uso di strumenti compensativi, ossia l’insieme di strategie, metodi di studio, tecnologie, atteggiamenti, accorgimenti... che può consentire di ridurre, magari di azzerare, gli effetti del disturbo.”

Partendo dal presupposto che i DSA non si presentano mai in egual modo, ma che ogni ragazzo necessita di interventi specifici, non è sempre facile trovare il giusto equilibrio tra compensare e dispensare, ma supportare, rinforzare e condividere sono azioni che insieme alle misure compensative e dispensative possono fare la differenza.
Ormai la strada è aperta e viaggiare per raggiungere la meta, scuola e famiglia insieme, è possibile.

Summary
Specific learning disability includes several disorders in which a person has difficulty learning in a typical manner. That has nothing to do with intelligence level. It rather concerns specific types of skills or completing tasks which require different learning strategies to be accomplished. Dyslexia defines a learning disability that interferes with phonological decoding  and comprehension accuracy in reading. Unrecognised specific leaarning disability leads to a failure at school and later in life due to lack of motivation and self-esteem. Only with the right support and intervention, people with specific learning disabilities can be successful.

Gloria Invernizzi

Si ringrazia S. Todeschini, AIDLecco Scuola, per i contributi sul tema.

lunedì 16 luglio 2012

PSICOTERAPIA E LETTERATURA

TO THE LIGHTHOUSE: un esempio di elaborazione del lutto attraverso la scrittura.

E’ il 1939 quando Virginia Woolf si esprime in questi termini a proposito di To The Lighthouse: “A quarant’anni la presenza del fantasma di mia madre mi ossessionava ancora. Potevo sentire la sua voce, vederla, immaginare ciò che avrebbe potuto dire o fare. Scrissi il libro molto velocemente; e quando fu scritto, smisi di essere ossessionata da mia madre. Non sentivo più la sua voce, non la vedevo più. Suppongo io abbia fatto a me stessa ciò che gli psicoanalisti fanno per i loro pazienti. Ho espresso le mie emozioni più profonde. E, esprimendole le ho spiegate riconciliandomi con esse”(V.Woolf, A sketch of the past, 1976, p.89).
Secondo le memorie di Virginia Woolf, i ricordi più vivi e sereni della sua infanzia non furono quelli di Londra nell’abitazione di Hyde Park Gate dove veniva applicato il rigido protocollo vittoriano, quanto piuttosto quelli di Saint Ives in Cornovaglia dove la famiglia trascorreva ogni estate fino al 1895, quando la madre Julia Stephen morì improvvisamente a quarantanove anni. A Virginia, allora tredicenne, occorsero molti anni per elaborare il lutto e To The Lighthouse rappresenta il tentativo letterario di far fronte al dolore della perdita. Il romanzo, minuziosamente basato sui ricordi delle vacanze della famiglia a Talland House, rende omaggio ai genitori nei personaggi del signore e della signora Ramsay, cogliendo in pochi tratti la rudezza del padre Leslie Stephen e la malinconia di Julia.
Seguendo la tradizione del romanzo modernista in cui la trama ha un'importanza secondaria rispetto all'introspezione psicologica dei personaggi, la vicenda consta di pochi accadimenti e si apre con i preparativi di una gita al faro che in realtà si realizzerà solo alla fine del libro, dieci anni dopo la morte della signora Ramsay quando la famiglia ritorna sull’isola. Vari ospiti si uniscono ai Ramsay in vacanza fra cui il personaggio di Lily Briscoe, alter ego di Virginia Woolf, una pittrice intenzionata a dipingere un quadro della casa dei Ramsay. Lily riuscirà a completare la sua opera solo alla fine mentre, da lontano, guarda il signor Ramsay attraccare al faro con i figli James e Camilla.

         Nel vivere il lutto ci si scontra con la caducità della vita e col senso d’impotenza che si prova quando ci si rende conto che non si può nulla di fronte alla morte.
Nel romanzo il senso di desolazione prende il sopravvento a cominciare dalla dimora di Talland House ormai abbandonata dalla famiglia che non intende far ritorno sull’isola a seguito della scomparsa della signora Ramsay: “Pareva che nulla potesse salvarsi dall’inondazione, dal profluvio della tenebra che, insinuandosi per le toppe e le fessure, scivolando tra le persiane, penetrava nelle camere, inghiottendo qua una brocca e un catino, là un vaso di dalie rosse e gialle, o gli spigoli affilati e il solido blocco d’un cassettone” (Gita al faro, 1991, p.137).
Solo dopo essersi dilungata nella descrizione delle condizioni in cui versa la villa, la scrittrice, per inciso e fra parentesi, dà modo al lettore di sapere della fine della padrona di casa, la signora Ramsay: “(Il signor Ramsay, incespicando per un corridoio, tese le braccia in un mattino oscuro; ma siccome la signora Ramsay era morta quasi improvvisamente la notte avanti, egli tese le braccia indarno. Queste rimasero vuote.)” (p. 140). Niente di più rispetto all’accaduto per molte pagine a seguire, segno che a prevalere è la negazione della perdita.
Persino la natura sembra fare da specchio all’animo umano: “Durante la primavera le urne del giardino, verdeggianti a caso di pianticelle seminate dal vento, erano gaie come sempre. Fiorivano violette e narcisi. Tuttavia la quiete splendente del giorno era strana quanto il caotico scompiglio della notte: alberi e fiori voltati in qua, voltati in su, ma senza vedere, privi di sguardo, perciò orribili.” (p.147). Di nuovo il senso di stordimento che caratterizza la prima parte del lutto e che offusca l’esame di realtà: “perché non accettare il presente, non contentarsene, non consentirvi, non rassegnarsi?” (p.155), fino a perdere il senso di stabilità quando la paura annichilisce: “Allora Lily Briscoe, muovendosi nel sonno, s’aggrappò ai lenzuoli come chi, cadendo da un precipizio, s’aggrappi alla zolla del ciglione. Poi spalancò gli occhi.” (p. 155).
         Successivamente a questa fase, compare un intenso desiderio di ricerca della persona deceduta tanto che, in alcuni momenti, è come se questa fosse ritenuta ancora in vita. A livello psicologico si notano irrequietezza e idealizzazione di chi non c’è più. Ed è ciò che accade al personaggio di Lily Briscole una volta ritornata sull’isola mentre si appresta a completare il suo dipinto interrotto dieci anni prima. “Lily aveva cercato con lo sguardo qualcuno che non c’era, probabilmente la signora Ramsay. Ma c’era solo la signora Beckwith che sfogliava i suoi disegni sotto la lampada. E allora, stanca, sentendo la testa ondeggiar come il mare, la bocca e le nari infuse del tanfo delle stanze a lungo disabitate, e gli occhi abbagliati dalle lingueggianti candele, s’era abbandonata a un vago smarrimento.” (p.163).
A tratti, si alternano poi esplosioni di collera e di dolore diretti anche verso la persona scomparsa: “Lily era proprio stizzita con la signora Ramsay. Col pennello tremante fra le dita, guardava la siepe, il giardino, il muro. Era tutta colpa della signora Ramsay. Lei era morta. Ed ecco Lily a quarantaquattr’anni, incapace di checchessia, buona solo a perdere il suo tempo lì, a far le viste di dipingere (un giuoco di cattivo gusto), e tutto per colpa della signora Ramsay. Ma ella era morta. ... Era morta.” (p. 164).
Non solo rabbia quindi, ma anche senso di disorganizzazione e di disperazione quando la realtà della perdita comincia ad essere accettata e la persona affranta sembra chiusa in se stessa, apatica e indifferente, e a prevalere è il senso di delusione quando ci si rende conto che ciò che resta sono solo ricordi e che niente potrà cambiare ciò che è accaduto.
““Ve ne rammentate?” Lily era tentata di domandargli, mentre gli passava vicino, ripensando alla signora Ramsay sulla spiaggia; alla botte sobbalzante sull’acqua; e alle pagine volate via. Perché mai quell’episodio di tanti anni prima sopravviveva con un contorno così nitido, in una luce così chiara, visibile sin nel minimo particolare, mentre prima e dopo di esso si stendeva una zona vuota per miglia e miglia? “E’ una barca? E’ un gavitello?” aveva domandato la signora Ramsay; e Lily ci ripensava, tornando a malincuore alla sua tela”, ma poco dopo: “Il rimpianto vano, il desiderio struggente, come, quanto stringevano il cuore! “Signora Ramsay!” gridò Lily, entro di sé, a quell’essenza che seguiva la barca, a quell’astrazione dell’amica, a quella donna vestita di grigio, quasi per rimproverarla d’esser scomparsa, eppoi tornata dopo la sua scomparsa. Sembrava così innocuo pensare a lei. Ella pareva uno spirito, un alito, qualcosa con cui giocare facilmente e senza pericolo, in qualunque momento del giorno e della notte; ed ecco, all’improvviso, allungava una mano per stringere a quel modo il cuore altrui. .. [Lily] aveva gli occhi pieni d’un liquido caldo (non pensò lì per lì alle lagrime) il quale, senza che le labbra si contraessero, le ispessiva la vista e le gocciava per le gote. Eppure ella non aveva perduto il dominio di sé; no certo! Piangeva, dunque, per la signora Ramsay, senz’avere alcuna sensazione d’infelicità?”.. “Signora Ramsay,” chiamò Lily, “signora Ramsay!” Ma non accadeva nulla .. . E il viso le grondava di lagrime” (pp. 186-196)
L’accettazione è l’ultima fase del processo di elaborazione del lutto e permette una riorganizzazione della propria vita: non si nega più, non si cancella la realtà, la si accetta. L’elaborazione può avvenire grazie alla possibilità di una “rappresentazione”: la persona amata perduta non può essere ritrovata nel mondo esterno ma può essere  per così dire “riparata” nel mondo interno della persona in lutto.
“Ed ecco pian piano diminuire la sofferenza smaniosa, l’irritazione amara .. e di quello spasimo restare, quale antidoto, un sollievo che era di per sé un balsamo, e anche, ma più misterioso, il senso della presenza di qualcuno, della signora Ramsay, .. forma lieve soffermata lì sull’erba .. . Vederla, immaginar di vederla in tal guisa, era una forma di consolazione .. a poco a poco, quasi placandosi, costei pure divenne elemento d’ordinaria esperienza.” (pp. 197-219)
Ed è alla fine del libro che Lily, Virginia Woolf, girando lo sguardo verso i gradini della villa dove era solita sedersi la signora Ramsay, Julia Stephen, li scopre improvvisamente vuoti, ma vivida è in lei la consapevolezza di essere riuscita nell’intento di terminare il dipinto proprio mentre la barca con il padre e i figli ha raggiunto il faro. Si tratta di metafore della vita che continua, segno che il processo di elaborazione della perdita ha avuto compimento. 

Summary
Once Virginia Woolf had finished her novel To the Lighthouse, that was what she wrote in her diary: “I suppose that I did for myself what psycho-analysts do for their patients. I expressed some very long felt and very deeply felt emotions. And in expressing it I explained it and then laid it to rest”.
In doing so, she experienced the grief and the mourning process for her mother death. As we read the book we come across the phases of this process: denial when the psyche represses reality, intense anger, searching and yearning for the deceased to return. Many emotions are expressed during this time and may include weeping, anxiety and confusion. Then, disorganization and despair follow and in the final phase, the grieving person begins to return to a new state of normal. That is the reorganization and recovery time.
                                                 Gloria Invernizzi

Bibliografia:
Virginia Woolf, Gita al faro, Milano: Garzanti, 1991.
“A sketch of the past”, in Schulkind Jeanne (1976) Virginia Woolf. Moments of being, London: Grafton Books; trad.it. (2003)