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martedì 13 maggio 2014

COME COMPORTARSI IN CASO DI STALKING?


Stalking o sindrome del molestatore

1) Cosa devo fare se il mio ex marito/moglie, compagno/a, fidanzato/a si ostina a farmi telefonate assillanti, a pedinarmi e a molestarmi per ricominciare la relazione?
Se un vostro ex cerca con i suoi comportamenti assillanti di riprendere una relazione, da voi non più desiderata, nonostante abbiate manifestato con decisione la volontà di interromperla e tali comportamenti quali ad esempio telefonale, sms, pedinamenti, minacce, percosse, lesioni, etc. vengono ripetuti, ovvero durano nel tempo nonostante la volontà da parte vostra di interrompere la relazione, e cagionano in voi uno stato di ansia o di paura tali da ingenerare un fondato timore per la vostra incolumità o per quella di un vostro caro, o comunque vi costringono a cambiare le vostre abitudini di vita, è ravvisabile il reato di atti persecutori di cui voi siete vittima. A questo punto avete la facoltà di recarvi presso un Comando Arma dei Carabinieri o Ufficio di Polizia, al fine di presentare querela o richiedere l'ammonimento del soggetto autore di tali comportamenti persecutori.
2) Quali sono i comportamenti che costituiscono condotte persecutorie?
I comportamenti persecutori sono definiti come "un insieme di condotte oppressive, sotto forma di minacce, molestie, atti lesivi continuati che inducono nella persona che le subisce un disagio psichico e fisico e un ragionevole senso di timore".
Quindi, non sono tanto le singole condotte ad essere considerate persecutorie, ma piuttosto è la modalità ripetuta nel tempo, contro la volontà della vittima, che riassume in sé il principale significato delle condotte persecutorie.
3) Il reato di atti persecutori può essere commesso soltanto da chi ha intrattenuto una relazione sentimentale/affettiva con la vittima?
Assolutamente no. Il reato può essere commesso da chiunque (uomo o donna) ponga in essere una condotta persecutoria nei confronti di un qualunque soggetto per motivi diversi.
4) Cosa prevede il reato di atti persecutori di cui tratta il nuovo articolo 612 bis del Codice Penale?
L'articolo 612 bis del Codice Penale "atti persecutori" prevede che:
"Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentala fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio del 1992, n. 104, ovvero con armi, o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.
Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 1 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio
".
5) Cosa vuol dire che il reato è punito a querela della persona offesa?
Vuol dire che la persona che subisce la condotta di "atti persecutori" ha facoltà di presentare querela, con cui esprime la volontà di voler perseguire e punire penalmente l'autore del comportamento persecutorio.
6) Che cos'è la querela?
E' lo strumento di legge con cui si può richiedere la punizione del colpevole di un reato verso il quale non deve procedere direttamente l'Autorità Giudiziaria.
7) Entro quanto tempo dopo aver subito atti persecutori posso presentare la querela e chiedere la punizione del colpevole?
Sei mesi.
8) Una volta presentata all'Autorità Giudiziaria, posso ritirare la querela?
Sì è possibile ritirare la querela se la persona querelata accetta. La querela può essere ritirata fino a che non inizi il processo.
9) Cosa si intende per procedibilità d'ufficio?
Le forze di polizia che vengono a conoscenza di un reato denunciato che prevede la procedibilità d'ufficio, iniziano le indagini autonomamente e procedono nei confronti del colpevole anche in assenza di querela.
10) Mia figlia minorenne subisce atti persecutori, come mi devo comportare?
Se il proprio figlio minore è vittima di atti persecutori, è nella facoltà del genitore denunciare i fatti alle Forze di Polizia.
11) Ci sono altri modi con i quali le vittime possono richiedere l'intervento delle Forze di Polizia in assenza di querela?
Sì, facendo richiesta di ammonimento nei confronti dell'autore dei comportamenti persecutori. Infatti l'articolo 8 del Decreto Legge 23 febbraio 2009 e successive modifiche prevede che la persona che si ritiene vittima di atti persecutori, e che non ha ancora presentato formale querela, possa avanzare la richiesta di ammonimento nei confronti del molestatore.

12) Cos'è l'ammonimento?
L'ammonimento è un provvedimento amministrativo (e non penale) di competenza del Questore che su richiesta della persona che ritiene di essere vittima di comportamenti persecutori, dopo aver valutato i fatti e se ritiene motivata la richiesta anche sulla base delle informazioni raccolte dagli organi investigativi, ammonisce il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento invitandolo ad interrompere il comportamento persecutorio nei confronti della vittima.
13) Come si fa a richiedere l'ammonimento?
La vittima che intende presentare proposta di ammonimento rappresenta i fatti presso il più vicino Comando Arma/Ufficio di Polizia e chiede, tramite questi ultimi, al Questore, l'ammonimento dell'individuo che la stessa indica come autore dei comportamenti persecutori.
14) Cosa accade al soggetto che, ammonito dal Questore, continua il suo comportamento persecutorio?
Se l'autore dei comportamenti persecutori, nonostante l'ammonimento, continua la sua azione e la vittima lo riferisce alle Autorità competenti, questi verrà perseguito penalmente senza la necessità che la vittima presenti querela.
15) Sono previste ulteriori misure a tutela della vittima di atti persecutori quando l'autore del reato non viene arrestato e continua a porre in essere la condotta?
Sì. E' prevista la custodia cautelare in carcere che è una delle misure che il Giudice può disporre nei confronti dell'autore di un reato grave. Inoltre, il Decreto Legge 23 febbraio 2009 e successive modifiche ha introdotto l'articolo 282-ter del Codice di Procedura Penale con il quale il Giudice può disporre il provvedimento del "divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa". Tale provvedimento prevede che il giudice ordini all'autore di non avvicinarsi a luoghi determinati, abitualmente frequentati dalla vittima. Si evidenzia, altresì, che qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può ordinare all'autore di non avvicinarsi a luoghi determinati, abitualmente frequentati dai parenti della vittima, dai conviventi o comunque da persone legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone, il giudice può, inoltre, vietare all'autore di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le dette persone o quando la frequentazione dei luoghi con queste sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice ne ordina le modalità e può imporre limitazioni.
16) La persona offesa viene messa a conoscenza delle eventuali limitazioni imposte dal giudice all'autore del reato?
Con la stessa legge 38/2009 è stato introdotto anche l'art. 282-quater del codice di procedura penale che prevede l'obbligo da parte dell'Autorità Giudiziaria di comunicare i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 282-ter del codice di procedura penale (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa), all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni ed inoltre di darne comunicazione alla stessa parte offesa e ai servizi socio-assistenziali del territorio.
17) Se ho subito percosse o lesioni, prima di presentare querela, devo ricorrere necessariamente alle cure mediche?

Se avete subito un comportamento persecutorio dal quale sono state provocate delle lesioni o percosse, è sempre consigliabile prima di presentarsi presso l'Autorità, recarsi presso un Pronto Soccorso o altra struttura sanitaria per essere sottoposti alle cure necessarie. Nell'occasione i medici intervenuti compileranno un certificato (referto) che attesta il motivo dell'intervento sanitario e le condizioni di salute riscontrate. In alcune circostanze il medico, che ha compilato il referto, può darne diretta comunicazione all'Autorità Giudiziaria.
18) Quali sono gli aspetti utili da evidenziare in una querelaa per atti persecutori al fine di rendere più semplice l'operato delle Forze di Polizia ?
Occorre esporre alle Forze di Polizia i fatti sempre nella maniera più chiara e particolareggiata possibile cercando di ricordare con esattezza la successione degli eventi, avendo cura, in caso di molestie telefoniche, di registrare le chiamate (anche quelle mute). Anche nel caso in cui non riusciate a registrare le telefonate, esistono comunque dei metodi per risalire all'autore delle telefonate. Inoltre è consigliabile tenere un diario per riportare e poter ricordare gli eventi più importanti che potrebbero risultare utili in caso di denuncia, ovvero raccogliere più dati possibili sui fastidi subiti, come ad esempio, conservare eventuali lettere o e-mail a contenuto offensivo o intimidatorio.
19) Se ricevo molestie telefoniche assillanti anche solo per mezzo di telefonate anonime come mi devo comportare?
Pur rimanendo in vigore il reato di molestie telefoniche, solo qualora queste diventassero assillanti, si potrebbe configurare il reato di atti persecutori. In entrambi i casi è necessario che la vittima delle telefonate ricevute sia su telefono fisso che su telefono cellulare annoti il giorno e l'ora delle telefonate e comunque non cancelli i dati dalla memoria degli apparecchi telefonici. Stesso consiglio vale per SMS ed MMS ricevuti. E' opportuno poi riferire tali informazioni necessarie per le indagini in sede di denuncia. Giova far presente che qualora la persona vittima di questi comportamenti non riesca, a causa dello stato d'animo vissuto, ad annotare con precisione il giorno, l'ora, il numero, questo non deve scoraggiare le vittime perché si può risalire all'autore mediante l'analisi dei tabulati telefonici.

20) C'è un numero di telefono a cui le vittime di atti persecutori possono rivolgersi in caso di richiesta di aiuto?

Presso il Dipartimento per le Pari Opportunità è stato istituito un numero di pubblica utilità nazionale 1522 (gratuito), un servizio pubblico pensato per fornire ascolto e sostegno alle donne vittime di violenza.
Il numero è attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell'anno ed è accessibile dall'intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un'accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Le operatrici telefoniche dedicate al servizio forniscono una prima risposta ai bisogni delle donne vittime di violenza, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti a livello locale. In caso di emergenza, si possono anche contattare direttamente i numeri di pronto intervento (112, 113). I numeri sono gratuiti e da cellulare si possono comporre anche in assenza di credito.

21) Quali sono i comportamenti che è consigliabile adottare nel caso in cui si è vittima di atti persecutori?

Dal momento che non tutte le situazioni di atti persecutori sono uguali, non è facile fornire delle modalità di difesa comuni da adattare alle circostanze e alle diverse tipologie di persecutori. Al riguardo, si possono fornire alcuni utili suggerimenti in merito:
• tenete presente che prendere consapevolezza del problema è già un primo passo per risolverlo. A volte, invece si tende a sottovalutare il rischio e a non prendere le dovute precauzioni come per esempio, informarsi sull'argomento e adottare dei comportamenti tesi a scoraggiare, fin dall'inizio, comportamenti di molestia assillante;
• ricordate che, in alcune circostanze, di fronte ad una relazione indesiderata, è necessario "dire no" in modo chiaro e fermo, evitando improvvisate interpretazioni psicologiche o tentativi di comprensione che potrebbero rinforzare i comportamenti persecutori dell'autore;
• la maggior parte delle ricerche ha rilevato che la strategia migliore sembra essere l'indifferenza. Infatti, sebbene per la vittima risulti difficile gestire lo stress senza reagire, è indubbio che l'autore rinforza i suoi atti sia dai comportamenti di paura della vittima, sia da quelli reattivi ai sentimenti di rabbia;
• cercate di essere prudenti e quando uscite di casa evitate di seguire sempre gli stessi itinerari e di fermarvi in luoghi isolati e appartati;
• tenete sempre a portata di mano un cellulare per chiamare in caso di emergenza;
• se vi sentite seguiti o in pericolo, chiedete aiuto, chiamate un numero di pronto intervento, come per esempio il "112" o rivolgetevi al più vicino Comando Carabinieri.

22) Se ho presentato querela in quanto vittima di atti persecutori prima dell'entrata in vigore di questo nuovo reato (23 febbraio 2009), il responsabile può essere perseguito penalmente?
No, la legge non ha effetto retroattivo, ciò significa che chi ha commesso atti persecutori prima dell'entrata in vigore della legge non può essere punito per questo nuovo reato, ma verrà perseguito per i singoli reati già previsti dalla normativa (esempio minacce, percosse, lesioni, molestie telefoniche ecc).

23) Ho sentito parlare del gratuito patrocinio per le persone che non possono sostenere le spese legali, di che cosa si tratta?
Il gratuito patrocinio è un diritto civile, costituzionalmente garantito, che riguarda l'assistenza legale gratuita di persone non abbienti, così come disposto dal D.P.R. 30.05.2002 n. 115. Al gratuito patrocinio possono essere ammessi l'imputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che voglia costituirsi parte civile, il responsabile civile. Nel corso delle indagini preliminari e, prima dell'esercizio dell'azione penale, la richiesta va effettuata al giudice per le indagini preliminari e, successivamente, al giudice che procede.
24) Che cosa si intende con il termine "gaslighting"?
Il termine "gaslighting" deriva dal titolo del film "Gaslight" del 1944 ed è utilizzato per definire un crudele comportamento manipolatorio messo in atto da una persona abusante per far in modo che la sua vittima dubiti di sé stessa e dei suoi giudizi di realtà. Lo scopo di questa condotta è quello di ridurre la vittima ad una totale dipendenza fisica e psicologica annullando di fatto ogni possibilità di scelta autonoma. Il "gaslighting" può rappresentare il prologo o il correlato di condotte di stalking.

25) Se non sono sicura/o di essere vittima di atti persecutori, a chi posso rivolgermi per chiedere informazioni in merito?
Se ci sono dei dubbi in proposito, è bene recarsi al Comando Arma/Posto di Polizia più vicino, o chiamare il numero telefonico di pubblica utilità 1522, al fine di descrivere la situazione vissuta per ricevere le necessarie informazioni del caso.
Testo tratto integralmente dal sito di cui sotto.

http://www.carabinieri.it/Internet/Cittadino/Consigli/Tematici/Questioni+di+vita/Stalking+o+Sindrome+del+molestatore+assillante/12_FAQ.htm
Dott.ssa Moira Melis
 

lunedì 5 maggio 2014

DONNE CHE "AMANO" TROPPO: La storia di Asa e Nils


 “Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo…
Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, i tradimenti … stiamo amando troppo.
Quando siamo offesi dal suo comportamento ma pensiamo che sia colpa nostra perché non siamo abbastanza attraenti o abbastanza affettuose, stiamo amando troppo…
Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo…”
Robin Nortwood 
 
Conoscete Asa Grennvall? E’ una illustratrice e fumettista svedese tra le più note e apprezzate nel suo  campo e anche la protagonista di una storia drammatica, per inciso, la sua, che ha scelto qui di rappresentare e rendere pubblica come forma di denuncia per i maltrattamenti fisici e psicologici subìti dal proprio partner, violenze che  nessuna donna deve più tollerare, accettare, giustificare.
Una storia che nel 2002 ha presentato come tesi di diploma al Master of Fine Arts del Konstfack University College di Stoccolma e dalla quale nel 2014 è stata tratta una graphic novel intitolata, così come il libro stesso dell’autrice, “7° piano”, e curato dalla casa editrice Hope! in collaborazione con Amnesty International per sensibilizzare al tema della violenza sulle donne. Il filmato (di cui sotto) che vi invito a guardare, illustra nel dettaglio il graduale percorso che conduce la protagonista verso l’auto-annullamento e l’isolamento sociale. Asa, come tutte le “donne che amano troppo”, finisce per trascurare i propri bisogni e dedicarsi interamente alla soddisfazione dei bisogni dell’altro, quasi fosse una vocazione. Nel tentativo di esorcizzare la grande paura di essere abbandonata e perdere l’ “amore”, finisce per sottostare ad ogni forma di maltrattamento. Se in alcuni momenti si fa strada il dubbio che qualcosa di distorto regga tale relazione, questo viene presto rimosso: Asa non riesce a lasciare Nils, tanto è intrappolata nel circuito della dipendenza dal proprio partner. Pensa di esistere solo quando sta con lui, tutto il resto, compresa la tutela del proprio diritto a stare bene, passa in secondo piano. Asa accetta schiaffi, sputi, oggetti lanciati addosso, offese pesanti, senza mai denunciare, senza lasciare l’uomo che le usa queste violenze. Soffre terribilmente perché  biasima sé stessa di non essere all’altezza e sempre perfetta come lui la vorrebbe, si domanda in cosa lei sbagli piuttosto che prendere consapevolezza della tossicità del suo rapporto e della necessità di separarsi da chi non è capace di amare in modo sano. L’amore non deve trasformarsi in un’abitudine a soffrire, se in un rapporto di coppia  vi è un disequilibrio tra il dare e il ricevere, questo è già un segnale forte di un malfunzionamento di base del rapporto che non può essere mai sottovalutato. Il rischio cui si va incontro negando questi primi campanelli di allarme è che alla mancanza di reciprocità si accompagnino in seguito minacce, accuse, insulti e gesti violenti che più feriscono e lacerano, più paradossalmente legano a doppio filo chi viene indotta a credere di meritarsele.  A livello psicologico, assumersi la colpa per il dolore che si prova,  a causa di quei maltrattamenti è una modalità di difesa dal senso di impotenza. Pensarsi, di contro, colpevole di aver indotto il compagno a compierli induce ad amplificare la propria credenza di essere sbagliate, in difetto, e conseguentemente addossarsi per intero la responsabilità dei torti subìti. Il senso di colpa consente infatti alla vittima di conservare la speranza di riuscire a capire cosa non funzioni in sé, ma anche di sapersi correggere e porre fine al proprio dolore. Rassegnarsi all’impossibilità dell’impresa di cambiare il partner è un passo che non si riesce a compiere se impellente appare il bisogno sentirsi “visti”, pur nel male. E’ meno peggio del non essere visti affatto e permette di tamponare le ferite, mai rimarginate, dalle carenze affettive esperite nel passato. Chi soffre di dipendenza affettiva ha imparato fin da bambina ad adattarsi al limite dell’altro di non saper dare affetto e non se lo aspetta, né in fondo si sente pienamente degna di poterselo meritare; ciò che ha, di contro, affinato col tempo  è la capacità di soddisfare i bisogni dell’altro, lenire le sofferenze altrui. Accettando passivamente le umiliazioni che il partner le infligge, agisce un autocontrollo e resiste adattandosi, al solo scopo di vincere la sfida con sé stessa di riuscire nell’impresa di conquistarne l’affetto, dunque diventare quell’oggetto d’amore di cui egli auspica il completo possesso.
E’ evidentemente una mera illusione quella di riuscire con la sottomissione e  il sacrificio della propria vitalità e identità a conquistare l’amore di quell’uomo fortemente idealizzato, fino ad arrivare a cambiarlo. Si persuade che spetti a lei magicamente cambiare e perciò si rifugia nei ricordi del passato, ripercorrendo a ritroso le emozioni vissute durante il primo incontro con lui e ripensando all’ebbrezza provata dallo stare insieme, a quelle caratteristiche che di lui l’avevano affascinata all’inizio della loro storia. Il passato “felice” si scontra con il triste e drammatico presente, ma il futuro senza di lui le appare intollerabile e angosciante; si convince allora che l’unica soluzione sia impegnarsi a fare meglio e dare di più e si impone l’ennesima sfida con sé stessa per  essere come lui la vuole, nella speranza di riscrivere un finale diverso, nel miraggio di riuscire finalmente a conquistarne l’amore. E il circuito disfunzionale della dipendente affettiva si rimette in moto…
La vera grande sfida di Asa Grennvall è stata quella di scegliere di salvarsi liberandosi dell’illusione di ricevere l’amore di Nils spezzando la catena che la disumanizzava, impegnandosi fortemente nella cura e consapevolezza di sé stessa e nella divulgazione di questa presa di coscienza. Concludo con una bellissima citazione di Mark Twain:
Non permettere a nessuno di essere la tua priorità intanto che permetti a te stesso di essere una delle sue opzioni.
Dott.ssa Moira Melis