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domenica 24 febbraio 2013

LE MONTAGNE RUSSE DEL CUORE: AMBIVALENZA E RELAZIONI AFFETTIVE


Monologhi infiniti e spesso furibondi davanti a partner muti o azzittiti mentre nella mente e nel cuore c’è il solo desiderio di un abbraccio capace di contenere la paura, silenzi prolungati e rancorosi, porte sbattute, odio dichiarato, amore negato, istinto di sopravvivenza che si traveste da attacco ma che resta difesa; contemporaneamente: grande dedizione, dichiarazioni d’amore, passione sessuale, generosità emotiva, diponibilità a donare amore profondo e totale. Il tutto in un’unica persona, il tutto in un’unica parola:AMBIVALENZA.
Non è fantascienza e nemmeno follia.

A questo punto, se state ancora leggendo, molto probabilmente o vi siete riconosciuti e non vedete l’ora di capire qualcosa in più di voi stessi o sentite di volere qualche chiarimento…magari per evitare di imbattervi in questi strani personaggi simili a una figura mitologica metà amore e metà odio, ebbene sia che apparteniate ad un gruppo che all’altro credo sia utile partire dal chiarire cosa intendiamo con il termine ambivalenza.
Questo concetto si riferisce alla compresenza di emozioni, sia positive che negative, nei confronti di uno stesso oggetto, di una stessa persona o la stessa idea, ma anche lo stato di chi presenta pensieri e azioni che si contraddicono a vicenda, come nel caso di sentimenti di amore-odio per qualcuno o qualcosa. Il termine deriva dalla combinazione delle parole latine ambi (entrambi) e valentia (forza, capacità). Si usa comunemente anche in situazioni in cui una persona si trova in uno stato di confusione o incertezza.
Ognuno di noi  potrà riconoscere di aver fatto esperienza di questo vissuto o di questa confusione che spesso esita nel pensiero di non riuscire a capire se stessi e i propri bisogni, tuttavia se da un lato può capitare a tutti di sperimentare stati di ambivalenza più o meno intensi, dall’altro c’è chi ci convive costantemente tanto che possiamo parlare non di “stati” passeggeri e circoscritti ma di un modo di stare al mondo che diventa aspetto strutturale della personalità che può, evidentemente, esprimersi con diverse sfumature e livelli di intensità; ma come mai tutto ciò accade?
Una possibile risposta e' che queste persone hanno spesso sperimentato, fin dall’infanzia, una disponibilità di cure “intermittenti”da parte di chi doveva prendersi cura di loro, a volte adeguate a volte no, a volte presenti a volte assenti, questa imprevedibilità ha generato un’esperienza di insicurezza e ansia rispetto alla capacità degli altri di essere un riferimento di sostegno affettivo e pratico stabile: questa esperienza precoce di insicurezza ha plasmato il funzionamento psichico ed emotivo e ciò ha creato le premesse per  una riproduzione di questo modello in tutte le relazioni importanti successive in cui dominerà oscillazione tra il desiderio e la speranza di ricevere cure e il timore della delusione dei propri bisogni.
Queste persone sembrano convivere con una fame di dimostrazioni di affetto e, contemporanamente, spesso con una rabbia (più o meno dichiarata) per non riuscire ad essere saziati. Quanto appena detto può creare le basi per innesco di un pericoloso circolo vizioso: gelosie, scatti d’ira, agiti impulsivi verbali e fisici, veri e propri attacchi alla relazione che, talvolta, inducono i partner ad una fuga che andrà a confermare l’antica e profonda convinzione che potrebbe essere riassunta in questo modo: “avevo ragione a pensare che non mi amava abbastanza…”, e ad alimentare un vissuto, ancor più intimo e profondo, che potrebbe suonare più o meno così: “non sono degno di essere amato”.
Descritta così una persona ambivalente sembra ingestibile, rancorosa, insopportabile eppure a quanti di voi si riconoscono o pensano a qualcuno che conoscono e al quale, magari, tengono? Questo è dovuto al fatto che l’ “ambivalente” è colui che, tipicamente, è capace di grande slancio emotivo, è spesso molto sensibile, affettuoso, passionale, vive le emozioni in maniera intensa totale e coinvolgente, si lascia trasportare emotivamente dalle storie che gli si raccontano e ciò lo rende un confidente e partner affidabile. L’aspetto che potrebbe apparire “bizzarro” è che una volta raggiunta una certa intimità scatta in automatico in loro una sorta di campanello d’allarme che li spinge a difendersi aumentando la distanza..ma cosa temono? Temono di perdere l’affetto-amore che hanno conquistato e spesso può capitare che anticipino questo rischio allontanandosi per poi ritornare se non le si rincorre, agendo proteste più o meno esplicite, mettendo alla prova le relazioni: tutto ciò li espone al richio di “autosabotaggio”.
Si muovono tra i tornanti della vita e i tormenti delle loro ferite antiche alla ricerca di partner desiderosi di percorrere il viaggio della vita non su binari lineari ma su quelli più ripidi e contorti: le montagne russe possono spaventare ma garantiscono adrenalina pura e vitalità…nel bene e nel male.

                                                       Dott.ssa Marzia Montinaro

11 commenti:

  1. Dottoressa,

    mi sono senz'altro riconosciuta in questo profilo: l'ambivalenza è il marchio che sigla ogni mia esperienza affettiva. Secondo Lei c'è rimedio? (Ho trenanove anni).

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  2. Cara lettrice,
    Grazie per aver condiviso il suo vissuto.
    Penso che il cambiamento non abbia età e che sia possibile anche se può essere molto difficile, l'importante e' avere una buona motivazione e la consapevolezza che, in caso di necessità, si può scegliere di farsi accompagnare da una figura esperta.

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  3. cara dottoressa, vivo con una persona sicuramente ambivalente. E' vero la vita insieme e' una continua sfida, avvincente, difficile, adrenalinica ma dopo tanti anni posso dire con certezza che grazie a lei ho scoperto cosa sono le vere emozioni, ho scoperto cosa significa vivere e amare davvero. Grazie mi ha profondamente colpito il suo articolo

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  4. L'articolo descrive molto bene, però sarebbe opportuno segnalare che riconosciuta la propria ambivalenza ci si può anche lavorare. Si può contenere, dominare. Ci si può convivere attenuando i danni che ne possono derivare per sé e per gli altri.

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  5. Sono assolutamente d'accordo! Come accennavo in uno dei precendenti commenti sicuramente è possibile (oltre che auspicabile) pensare che sia possibile un cambiamento anche affidandosi all'aiuto di un professionista.
    Una piccola anticipazione:presto proporremo un approfondimento sull'evitamento e le relazioni affettive!!continuate a seguirci!

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  6. Cara dr.,
    vorrei sapere se l'ambivalenza può in particolare esacerbarsi o addirittura originare da ferite che l'altro partner infligge al patto di fiducia originario di un rapporto. Io sono diventata ambivalente con il mio partner da quando dopo un mio bruciore vaginale lui mi ha detto di soffrire di herpes da 25 anni e di essersi "dimenticato" di dirmelo. La cosa grave che dopo, anziché proteggermi, gli sono spuntati condilomi e non se n'è accorto infettandomi. Mi dirà perché non mi sono protetta da sola? Non ho saputo di re no ma anche da quando l'ho detto lui non ha usato più volte il profilattico mentre io ero nel sonno. Sarò pure io l'ambivalente, non so dare veri confini, ma io mi sento vittima e mi sento impazzire perché penso malissimo di lui ma non riesco davvero a mollarlo e continuo a insultarlo, mi sento male sul serio sono incontenibile! Come uscirne? che a volte derivi dalla incapacità a separarsi??

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    1. La complessità (anche emotiva) delle vicende che viviamo è riconducibile ad una molteplicità di fattori: un tratto ambivalente gioca il suo ruolo ma tanti altri possono essere gli aspetti che contribuiscono a complessificare l'esperienza, lei stessa ad esempio, in chiusura al suo commento, fa riferimento anche alla "incapacità di separarsi".
      E' importante non perdere di vista il fatto che ciò che siamo e il modo in cui reagiamo è legato a infinite sfumature e che, qualora ci sia un disagio, si può sempre contare sull'aiuto di un esperto.

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  7. Salve dottoressa, io ho un problema di ambivalenza ma apparentemente non riguarda la mia vita affettiva ma un banale acquisto di un'auto. Sono 6 mesi che sono a piedi e ancora non so cosa voglio e, ogni qualvolta arrivo al dunque per l'acquisto, vengo travolto da un'ansia pazzesca e da panico che mi impediscono di andare avanti oltre che sentirmi di un male indescrivibile. E' anche questo un caso di ambivalenza che non mi fa decidere?

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  8. Cara dottoressa, ho una figlia di 14 anni che ha sentimenti ambivalenti, già da un po' di tempo, se sta con la sua amica del cuore e sta bene, pensa subito dopo di dover andare via e di nn voler essere più sua amica, oppure se sta con il suo ragazzetto e sente di essere felice qualcosa le dice che deve lasciarlo, tempo fa desiderava avere un coniglietto, quando glielo abbiamo preso è stata contenta ma subito dopo mi ha chiesto di darlo indietro perché nn lo voleva più, vive in conflitto e sta male spesso, lei soffre di ansia come me e nn so come aiutarla, cosa sta succedendo e perché? Come posso rassicurarla, tenga presente che già da qualche tempo è seguita da una nostra amica psicologa, ma dice che questo percorso nn la sta aiutando e che continua ad evere malessere.....

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  9. Dottoressa buonasera.
    Premetto che già sto seguendo un mio percorso persanale da uno psicologo da 6 mesi circa. Ma vorrei sottoporre a lei una quesito che mista togliendo la vita da altrettanti 6 mesi. Un amore nato con la consapevolezza di essere fatti l'uno per l'altro... una storia bellissima che dopo pochi mesi ci ha messo a dura prova con una brutta esperienza.. superata perchè siamo stati mano nella mano.
    Fino a quando lui, alla vigilia dei preparativi del matrimonio, ha sentito la necessità di fare un suo percorso psicologico da solo,per stre meglio, perchè non sapeva cosa aveva, perchè vedeva che forse lui on riusciva a rendermi felice ( mai avuto questa sensazione). Non mi ha mai voluto coinvolgere in questo suo percorso...ma più andava avanti, più mi allontanava. Fino a quando io mi sono trasferita da sola nella nostra casa, e lui in un altro appartamento. Ho fatto di tutto per ri-cercare quel dialogo che c'è sempre stato tra di noi, 6 mesi senza dormire la notte perchè correvo se lui aveva bisogno e se non chiamava, io ero sveglia per poter aprire la porta di casa nel caso in cui suonasse.
    La rottura definitiva arriva 2 settimane fa: ti amo ma ti lascio. Perchè? Non so dirtelo.
    Premetto che ha avuto una infanzia non facile... genitori presenti, ma mai una carezza, mai un complimento, mai un rimprovero.
    Vorrei sapere se c'è correlazione tra l'ambivalenza che ha avuto in questi sei mesi, in cui quando ci vedevamo stavamo bene, io diventavo ad essere quella di sempre , ma nella lontanaza, era come se non esistessi, e lo scappare senza riuscire a dare nessuna spiegazione, dopo 6 mesi. Non è stato in grado di dirmi: ti lascio perchè!
    E i possibili scenari che mi si potrebbero mostrare davanti.

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