Con
l’innamoramento due individui si scelgono in modo elettivo preferendosi ad ogni
altro. Il legame cui danno vita rappresenta una congiunzione unica frutto dell’incastro di specifici tratti di
personalità, storie generazionali,
desideri, bisogni e paure. Ciascuno è infatti portatore di una propria dotazione che viene fatta convergere
nell’unità di coppia. Questo peculiare incastro
non è tuttavia da intendere come esito della sola somma di risorse e
deficit che caratterizzano il bagaglio
di ognuno. La coppia è un “noi”, un luogo terzo di cui ognuno dei partner deve
prendersi cura, difenderlo e proteggerlo attraverso azioni concrete.
Può
essere utile soffermarsi brevemente sull’etimo del termine relazione, esso si presta ad un duplice ordine di significazione: rimanda in primo luogo al latino re-ligo che significa “legame tra” e
indica che tra due o più soggetti vi è in corso un’interazione, una
connessione, uno scambio. L’altro rimando è il re-fero che vuol dire “riferimento a” e mette in luce, di contro,
la comune appartenenza. Rappresenta, in altri termini, il prodotto cumulativo
della storia delle varie interazioni vissute. L’interazione, è un evento circoscritto
che accade qui e ora e si dispiega
nel presente, ne sono una esemplificazione uno sguardo reciproco, una
conversazione telefonica. Sono queste interazioni che riempiono la relazione,
la nutrono ma è quest’ultima che permette di assegnare alle singole interazioni
un’unità di senso. In ambito familiare questa connessione diventa storia generazionale. I legami, le
interazioni contribuiscono a creare una memoria, consentono la costruzione di
una storia, di un nuovo intreccio che si riannoda ad altri legami e lo rendono
significativo.
La nuova
coppia dunque non nasce nel vuoto, la sua esistenza non rappresenta un inizio
in assoluto ma è un punto di convergenza tra due storie familiari, un nuovo intreccio all’interno in una trama generazionale. All’interno della
storia relazionale passata, la neo coppia dovrà tuttavia trovare una terza via per costruire una sua propria originale identità. Detto
altrimenti, dovrà procedere alla stesura di un nuovo capitolo della storia familiare e per poterlo fare in termini creativi, occorre che abbia alle
spalle una sana qualità di scambio intergenerazionale.
La forte
connessione relazionale che le nuove
generazioni sperimentano con i propri genitori – impensabile all’epoca di
questi ultimi – se da un lato offre l’occasione di una più intima vicinanza
affettiva-emotiva reciproca, dall’altro la partecipazione-protezione e
coinvolgimento del genitore nella vita del figlio giovane adulto induce ad una
vischiosità e dipendenza reciproca che congela le sue spinte all’autonomia e
all’indipendenza bloccandolo entro schemi rigidi di protezione e di cura infantilizzanti
che si rivela ancor più tossico laddove il figlio/a abbia già costituito una
sua propria famiglia. La neo coppia, esposta al rischio di invischiamento è dunque
chiamata a realizzare una revisione del sistema
di lealtà riguardante il partner e le proprie famiglie d’origine. La lealtà
nei confronti del partner deve assumere aspetti di priorità ed esclusività, di
converso quella con le famiglie d’origine va delimitata. Si tratta di un vero e
proprio tradimento della vita di
coppia quello in cui il terzo che vi si inserisce non è un partner sessuale ma
un avversario/rivale più difficile da affrontare e combattere: “sua
mamma e/o suo papà”. La separazione dalla propria famiglia di origine si
configura come un passaggio cruciale fondamentale che entrambi i membri della
coppia devono legittimarsi a compiere pena l’inevitabile sensazione di
trascuratezza da parte di chi, sentendosi collocato dal proprio partner al
secondo posto rispetto ad uno o entrambi i suoceri, finisce per occupare stabilmente
quella posizione di ripiego, diventando una sorta di surrogato. Paradossalmente
può dunque accadere che sia il partner a sentirsi “di troppo “nella coppia
genitore-figlio! Di questo passaggio critico che ogni coppia è inevitabilmente
tenuta a compiere per garantire il proprio benessere, se ne parla anche in un versetto
della Genesi (2,24) in cui si legge“ Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla donna e i due saranno una carne sola”. Il senso di queste parole è che il figlio una
volta diventato adulto, se intende diventare una coppia, cioè diventare “uno”
con la sua partner, deve lasciare il
padre e la madre, separarsene, non solo fisicamente ma anche in termini
psichici. Il compimento di questo passo è di difficile realizzazione ovvero non
avviene in maniera automatica con l’uscita dalla casa genitoriale. Spesso è
possibile osservare dei distacchi che in realtà sono solo apparenti: pur
essendosi allontanati fisicamente dalla casa paterna i figli/neo sposi non riescono a considerare, quella col partner, la
relazione privilegiata, quella su cui investire di più. Psicologicamente restano
profondamente vincolati all’uno o all’altro dei propri genitori e ancorati nella primaria condizione di figli.
La
relazione con i genitori è asimmetrica, il
figlio si trova nella condizione di ricevere cure più che darle. La relazione
col coniuge, di contro è caratterizzata dall’equità nel darle e riceverle, è
paritaria, prevede un rapporto simmetrico ed è per questo più impegnativa. Chi è stato molto accudito e amato, fatica ad abbandonare questo tipo di legame
privilegiato e gratificante col genitore e lo continua a ricercare anche una
volta sposato. Esiste tuttavia l’evenienza opposta, quella in cui la fatica a
lasciare il padre o la madre, dunque a svincolarsene trova ragione in un
sentimento di trascuratezza affettiva esperita da parte di uno di loro, o di
entrambi. Detto altrimenti, il distacco non è realizzabile se si sente di non
aver ricevuto abbastanza in termini affettivi, se – usando una metafora – si è usciti di casa con le “valigie troppo vuote”. In questo caso accade
che il figlio/a si ostini nell’inutile inseguimento del genitore da cui si sente
di dover essere risarcito/a ottenendo tuttavia come effetto che il partner se
ne senta tradito perché posto in secondo piano. Non si può maturare come coppia se non si matura la separazione dalle
famiglie d’origine. Il coinvolgimento con queste ultime deve potersi
configurare come un’intimità/sostegno a distanza. Il sostegno a
distanza risulta poi particolarmente importante in occasione della nascita dei
figli: sostenere nel ruolo di genitori i propri figli, partecipare alla vita
dei nipoti senza assumere il ruolo di genitori
vicari ma assumendo la nuova identità di nonni consente di evitare il
rischio di incorrere in uno dei due estremi dato dall’invadenza e dal
disinteresse. Solo spostandosi indietro
di una posizione i nonni possono permettere ai loro figli di diventare le
autorità parentali centrali, ma anche questi devono potersi autorizzare a
compiere questo decisivo passo in avanti, assegnando alla relazione col partner
un ruolo privilegiato, regolando la distanza con le famiglie d’origine, tracciando
nuovi confini con esse. In conclusione, ognuno
è impegnato a compiere un salto in avanti e indietro lungo il ciclo di vita
familiare, l’accettazione quindi della transitorietà del proprio ruolo si
configura come segnale forte in grado di annunciare un avvenuto passaggio di
consegne tra generazioni familiari. I coniugi devono dunque assumersi in pieno
la responsabilità del compito di avviare e portare avanti e ancora riattivare,
quando necessario, questi processi di svincolamento per il benessere della
propria relazione.
Dott.ssa
Moira Melis
Bibliografia
Cirillo,
S., I molteplici tradimenti nella vita di
coppia, disponibile on line
presso http.// www.scuolamaraselvini.it
Scabini,E.,
Cigoli, V. (2000), Il famigliare. Legami,
simboli e transizioni, Milano, Cortina
Scabini,
E., Rossi G.,(2000) Dono e perdono nelle
relazioni familiari e sociali, Milano, Vita e Pensiero
Scabini,
E.,(1995) Psicologia sociale della
famiglia, Torino, Bollati Boringhieri, pp.119-138
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