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lunedì 12 marzo 2012

NO ALL' INVULNERABILITA'!

Sul retro della copertina di “Cose che nessuno sa” di Alessandro d’Avenia ho letto:

"Quando un predatore entra nella conchiglia nel tentativo di divorarne il contenuto e non ci riesce, lascia dentro una parte di se che ferisce ed irrita la carne del mollusco, e l'ostrica si richiude e deve fare i conti con quel nemico, con l'estraneo. Allora il mollusco comincia a rilasciare attorno all'intruso strati di se stesso, come fossero lacrime: la madreperla. Ciò che all'inizio serviva a liberare e difendere la conchiglia da quel che la irritava e distruggeva, diventa ornamento, gioiello prezioso e inimitabile, così e la bellezza: nasconde delle storie, spesso dolorose. Ma solo le storie rendono le cose interessanti......"
Ho pensato che si trattasse di una storia di relilienza e scorrendo le pagine del romanzo ne ho avuto la conferma.

E' un concetto che si studia alla facoltà di psicologia, probabilmente anche durante il corso di studi di fisica, ma la maggior parte di noi lo impara vivendo.
Resilienza origina dal latino re-salio, che significa saltare, rimbalzare. Tale termine esiste nel campo della fisica a designare la capacità di un metallo di riprendere la propria forma dopo aver ricevuto un colpo non abbastanza forte da provocarne la frattura. Il  suo contrario potrebbe risiedere nella parola fragilità.

Non stiamo parlando di invulnerabilità, poiché essere invulnerabili significa essere esenti dal rischio di ferite e resistere all’urto ed è un concetto che porta con sé un’idea di rigidità e staticità. Tutto questo è molto lontano dalla flessibilità e dalla morbidezza necessarie alla resilienza.

Ma che cos’è la resilienza?

Secondo Michel Manciaux, Stefan Vanistendael, Jacques Lecomte e Boris Cyrulnik (2001):

“La resilenza è la capacità di una persona o di un gruppo, di svilupparsi positivamente, di continuare a progettare il proprio futuro, a dispetto di avvenimenti destabilizzanti, di condizioni di vita difficili, di traumi anche severi”

Non è una semplice capacità di sopravvivere, non è una propensione ad evitare rischi e pericoli, non è una spinta istintiva a mettersi in salvo. E’ molto di più. E’ insito in noi. Si tratta di un aspetto costitutivo della natura umana, di cui gli individui sono indistintamente dotati e  quindi presente in tutte le fasi del ciclo della vita, seppur non sempre attiva, che consente di usare le esperienze, anche negative, per riflettere e per riparare, per ricominciare a costruire e a realizzare progetti con forza e con energie interiori.

Pensare in termini di resilienza significa uscire da una prospettiva deterministica, secondo cui il destino di una persona è irrimediabilmente segnato dalle sue caratteristiche costitutive e dalle condizioni ambientali, socioculturali e familiari.

Dott.sa Marta Villa


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