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lunedì 5 maggio 2014

DONNE CHE "AMANO" TROPPO: La storia di Asa e Nils


 “Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo…
Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza, i tradimenti … stiamo amando troppo.
Quando siamo offesi dal suo comportamento ma pensiamo che sia colpa nostra perché non siamo abbastanza attraenti o abbastanza affettuose, stiamo amando troppo…
Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo, e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo…”
Robin Nortwood 
 
Conoscete Asa Grennvall? E’ una illustratrice e fumettista svedese tra le più note e apprezzate nel suo  campo e anche la protagonista di una storia drammatica, per inciso, la sua, che ha scelto qui di rappresentare e rendere pubblica come forma di denuncia per i maltrattamenti fisici e psicologici subìti dal proprio partner, violenze che  nessuna donna deve più tollerare, accettare, giustificare.
Una storia che nel 2002 ha presentato come tesi di diploma al Master of Fine Arts del Konstfack University College di Stoccolma e dalla quale nel 2014 è stata tratta una graphic novel intitolata, così come il libro stesso dell’autrice, “7° piano”, e curato dalla casa editrice Hope! in collaborazione con Amnesty International per sensibilizzare al tema della violenza sulle donne. Il filmato (di cui sotto) che vi invito a guardare, illustra nel dettaglio il graduale percorso che conduce la protagonista verso l’auto-annullamento e l’isolamento sociale. Asa, come tutte le “donne che amano troppo”, finisce per trascurare i propri bisogni e dedicarsi interamente alla soddisfazione dei bisogni dell’altro, quasi fosse una vocazione. Nel tentativo di esorcizzare la grande paura di essere abbandonata e perdere l’ “amore”, finisce per sottostare ad ogni forma di maltrattamento. Se in alcuni momenti si fa strada il dubbio che qualcosa di distorto regga tale relazione, questo viene presto rimosso: Asa non riesce a lasciare Nils, tanto è intrappolata nel circuito della dipendenza dal proprio partner. Pensa di esistere solo quando sta con lui, tutto il resto, compresa la tutela del proprio diritto a stare bene, passa in secondo piano. Asa accetta schiaffi, sputi, oggetti lanciati addosso, offese pesanti, senza mai denunciare, senza lasciare l’uomo che le usa queste violenze. Soffre terribilmente perché  biasima sé stessa di non essere all’altezza e sempre perfetta come lui la vorrebbe, si domanda in cosa lei sbagli piuttosto che prendere consapevolezza della tossicità del suo rapporto e della necessità di separarsi da chi non è capace di amare in modo sano. L’amore non deve trasformarsi in un’abitudine a soffrire, se in un rapporto di coppia  vi è un disequilibrio tra il dare e il ricevere, questo è già un segnale forte di un malfunzionamento di base del rapporto che non può essere mai sottovalutato. Il rischio cui si va incontro negando questi primi campanelli di allarme è che alla mancanza di reciprocità si accompagnino in seguito minacce, accuse, insulti e gesti violenti che più feriscono e lacerano, più paradossalmente legano a doppio filo chi viene indotta a credere di meritarsele.  A livello psicologico, assumersi la colpa per il dolore che si prova,  a causa di quei maltrattamenti è una modalità di difesa dal senso di impotenza. Pensarsi, di contro, colpevole di aver indotto il compagno a compierli induce ad amplificare la propria credenza di essere sbagliate, in difetto, e conseguentemente addossarsi per intero la responsabilità dei torti subìti. Il senso di colpa consente infatti alla vittima di conservare la speranza di riuscire a capire cosa non funzioni in sé, ma anche di sapersi correggere e porre fine al proprio dolore. Rassegnarsi all’impossibilità dell’impresa di cambiare il partner è un passo che non si riesce a compiere se impellente appare il bisogno sentirsi “visti”, pur nel male. E’ meno peggio del non essere visti affatto e permette di tamponare le ferite, mai rimarginate, dalle carenze affettive esperite nel passato. Chi soffre di dipendenza affettiva ha imparato fin da bambina ad adattarsi al limite dell’altro di non saper dare affetto e non se lo aspetta, né in fondo si sente pienamente degna di poterselo meritare; ciò che ha, di contro, affinato col tempo  è la capacità di soddisfare i bisogni dell’altro, lenire le sofferenze altrui. Accettando passivamente le umiliazioni che il partner le infligge, agisce un autocontrollo e resiste adattandosi, al solo scopo di vincere la sfida con sé stessa di riuscire nell’impresa di conquistarne l’affetto, dunque diventare quell’oggetto d’amore di cui egli auspica il completo possesso.
E’ evidentemente una mera illusione quella di riuscire con la sottomissione e  il sacrificio della propria vitalità e identità a conquistare l’amore di quell’uomo fortemente idealizzato, fino ad arrivare a cambiarlo. Si persuade che spetti a lei magicamente cambiare e perciò si rifugia nei ricordi del passato, ripercorrendo a ritroso le emozioni vissute durante il primo incontro con lui e ripensando all’ebbrezza provata dallo stare insieme, a quelle caratteristiche che di lui l’avevano affascinata all’inizio della loro storia. Il passato “felice” si scontra con il triste e drammatico presente, ma il futuro senza di lui le appare intollerabile e angosciante; si convince allora che l’unica soluzione sia impegnarsi a fare meglio e dare di più e si impone l’ennesima sfida con sé stessa per  essere come lui la vuole, nella speranza di riscrivere un finale diverso, nel miraggio di riuscire finalmente a conquistarne l’amore. E il circuito disfunzionale della dipendente affettiva si rimette in moto…
La vera grande sfida di Asa Grennvall è stata quella di scegliere di salvarsi liberandosi dell’illusione di ricevere l’amore di Nils spezzando la catena che la disumanizzava, impegnandosi fortemente nella cura e consapevolezza di sé stessa e nella divulgazione di questa presa di coscienza. Concludo con una bellissima citazione di Mark Twain:
Non permettere a nessuno di essere la tua priorità intanto che permetti a te stesso di essere una delle sue opzioni.
Dott.ssa Moira Melis
 

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