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mercoledì 24 luglio 2013

Adulti e bambini di fronte al lutto: l'importanza di dire e di come raccontare

Accettare la morte è un apprendimento importante per tutti i bambini, sono gli adulti che spesso vacillano e temono che i figli restino traumatizzati, depressi o sfiduciati da un evento che oltre a renderci consapevoli della mortalità dell’essere umano, ci fa capire che la morte non ferma la vita.
Il lutto che ne segue è il tempo in cui trovare una nuova forma di relazione con chi non c’è più. Così scrivono Pellai e Tamborini (2011): “Il lutto nei bambini può essere pensato come una terra smossa dal terremoto, sconvolta nella forma ma pronta ad accogliere e far germogliare nuovi semi, … . Pensare al lutto come a un periodo che, oltre a molto dolore, può recare con sé anche tracce di possibili speranze è il primo difficile passo per chi vuole aiutare un bambino a ripartire.”
Si sa che la famiglia costituisce una grande sicurezza, un punto fermo cui riferirsi quando si presenta un pericolo o una difficoltà. Nel momento in cui uno dei membri è in pericolo di vita o muore, la sicurezza subisce una forte scossa che mina l’equilibrio dell’intero nucleo. La famiglia si trova di fronte a una situazione alla quale non è preparata e gli interrogativi pratici ed emozionali non trovano risposta adeguata, le risorse sembrano mancare.
           Nel parlare con i bambini, gli adulti, in difficoltà loro stessi, spesso tendono a usare un linguaggio non sempre adeguato all’età e al loro sviluppo. Da un lato, parlare con un linguaggio molto tecnico rischia di allarmare ulteriormente il bambino rispetto a una situazione già percepita come pericolosa e l’incomprensione non fa altro che aumentare nei piccoli la preoccupazione e l’ansia. Al contrario, un linguaggio troppo semplice fa arrabbiare il bambino che si sente preso in giro.  L’uso di esempi può essere di aiuto nella spiegazione, ma questi devono essere scelti sulla base delle capacità di comprensione del bambino, la cui verifica, da parte dell’adulto, permette di correggere e calibrare le comunicazioni successive.
Dire la verità al bambino non è in contraddizione con l’usare storie, immagini o elementi fantastici con cui soprattutto i più piccoli hanno molta familiarità, si tratta di linguaggi che possono fare da ponte tra la realtà e l’immaginazione.
           Comunque, il punto di partenza resta sempre la domanda che pone il bambino, la quale non esige ogni volta una risposta secca ed esaustiva. Trattandosi di domande emozionali, hanno bisogno di tempo per essere gestite e una stessa richiesta può essere riproposta  dal bambino più e più volte. Non sempre è per incomprensione del contenuto, più spesso si tratta della difficoltà di avvicinare il contenuto emozionale che, essendo  vissuto in modo così angoscioso, contribuisce a oscurare o confondere la risposta data. I bambini pongono più volte la stessa domanda anche quando sembra che abbiano compreso il senso della risposta, la ripetizione in genere li rassicura e la reiterazione della domanda e della risposta ha la stessa funzione. L’espressione del volto del bambino è uno dei segnali più chiari del vissuto emozionale relativo a quanto diciamo loro e questo ci può aiutare nella scelta degli argomenti.
           L’importante è aiutare i bambini nella ricerca di parole e azioni capaci di comunicare le emozioni che sentono dentro. Per quanto forti e distruttivi possano essere i vissuti di dolore per la perdita di una persona cara, poterli esprimere rimane un passaggio fondamentale verso la ricerca di un nuovo equilibrio, spiegare i fatti e suscitare pensieri di speranza permette loro di andare oltre la situazione in cui si trovano.
Gloria Invernizzi 


Bibliografia:
Pellai A., Tamborini B. (2011), Perché non ci sei più? Accompagnare i bambini nell’esperienza del lutto, Trento, edizioni Erickson.
Sgarro M., (2008), Il lutto in psicologia clinica e psicoterapia,Torino, Centro Scientifico Editore.

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